Recensione a cura di Maria Marques
Un romanzo a due voci che s’intersecano, si completano nel raccontare la vita, la gloria e la caduta di un uomo.
La prima voce è di Lucio Anneo Seneca che racconta la sua vita. Lo fa, come se riannodasse i fili di una lunga esistenza, sia divagando sia ricordando con un sorriso, altre volte esprimendo apertamente al suo schiavo Fabio, che scrive sotto dettatura, i suoi pensieri più intimi.
La seconda voce, che si alterna alla prima, è anonima e approfondisce in terza persona il racconto dell’anziano filosofo.
Seneca nel momento in cui si presenta al lettore, attende, che i pretoriani inviati da Lucio Domizio Enobarbo, giungano con l’ordine che decreta la sua morte. L’attesa non è serena come confessa Seneca stesso
..una cosa è discorrere con distaccata serenità della morte altrui,ben diverso è affrontare la propria.
È con queste parole che scompare, per così dire, il filosofo e compare l’uomo, un uomo come tanti, che prova timore davanti alla morte e insegue rimpianti. Il suo desiderio è uno solo:
Non voglio che la memoria della mia esistenza muoia con me. Ho attraversato la storia di Roma, ho conosciuto l’imperatore Tiberio, poi Caligola ,Claudio, sua moglie Messalina, Agrippina e infine Nerone.
Il suo racconto comincia dove è iniziata la sua vita, nella calda e assolata Cordova nel 749 secondo il calendario romano che corrisponde al nostro 4 a.C.
I ricordi e il racconto si sviluppano quindi di pari passo, uno in chiave intimistica seguendo il vecchio filosofo nei meandri della sua memoria:
Mi tornano alla mente soprattutto gli odori:quelli buoni di casa, la polvere delle strade…
I giochi con i fratelli, la salute delicata che gli impediva le corse a perdifiato, i primi studi, le prime esperienze amorose e il viaggio che porterà lui e tutta la sua famiglia a Roma.
La vita s’intreccia con la storia, in un fluire costante di trionfi come retore ma anche di momenti più tristi, la morte del padre, della prima moglie del figlio, l’esilio in Corsica per volere di Messalina e infine il ritorno a Roma perché Agrippina:
…era ambiziosa e autoritaria e per suo figlio voleva il migliore precettore del mondo romano. Dovrei forse schermirmi Fabio?Fingere modestia?…No il migliore ero io…
Seneca non appare gradevole con queste parole e trasuda di arroganza, ma era anche la verità: la sua persona accanto a quello che sarebbe stato il futuro imperatore avrebbe attirato sicuramente le simpatie dei romani. Nerone cresce sotto la guida di Seneca, nuovi personaggi s’inseriscono in una corte che ha già pagato il suo debito di sangue per avere come imperatore il figlio di Agrippina e adesso scivola lentamente verso il matricidio. Dopo il primo tentativo andato a vuoto, Seneca, Afranio Burro capo dei pretoriani e Nerone decidono:
Un solo punto era chiaro a tutti: Agrippina doveva morire quella medesima notte. Ne sarebbe andato delle nostre vite e dell’impero.
Tuttavia altre morti perseguitano la coscienza di Seneca, in particolare quella di Ottavia, moglie ripudiata di Nerone:
Queste lacrime non sono dovute al fumo del braciere, ma al rimorso che provo per essere stato partecipe di quella follia omicida…
Staccarsi dal potere non è facile ma Seneca comprende che il tempo dei suoi consigli è terminato e riesce a tornare a vita privata, lasciando che la storia, quella che conosciamo prosegua. Il malcontento dei romani sfocia nella congiura di Gaio Calpurnio Pisone destinata a fallire perché:
…le probabilità che tra quaranta individui ci sia almeno un cretino sono piuttosto elevate
e la ritorsione di Nerone è immediata: esilio per alcuni,uccisioni per altri e per altri ancora, inviti al suicidio. I nomi di alcuni dei congiurati sono illustri: Petronio, il poeta Lucano, Seneca…e così il racconto termina con immagini drammatiche ma anche con delicatezza, come se, chiudendo il libro e accarezzandone la copertina, andassero a posto gli ultimi pezzi di un puzzle infinito e tutte le domande avessero ricevuto risposta.
Massimo Gregori Grgic’, l’autore, regala al lettore uno spaccato di storia che copre gli anni dal 4 a.C. al 65 d.C. riuscendo a inserirvi innumerevoli curiosità e avvenimenti che hanno visto il filosofo protagonista primario o secondario, ma è nella lettera, aperta a qualunque lettore, che il libro si anima e raggiunge le nostre coscienze: la vita, le opportunità perse o quelle acciuffate al volo portano la felicità?Che cosa ricordiamo con maggiore intensità della nostra vita quando essa ci sfugge? Quante volte dobbiamo piegare il nostro rigore alle necessità della vita?
Seguendo i racconti di Tacito e Svetonio, l’autore consente di avvicinarsi a un periodo della storia romana e a un filosofo che ammette a malincuore che:
È così Fabio: quando si scende a patti con la moralità si mette in gioco la propria libertà. E normalmente si perde.
Trama
Tacito racconta che Seneca, in prossimità della sua morte, dettò una memoria. Di questo testo si è persa ogni traccia. Da qui il romanzo prende spunto e avvio: nel giorno in cui Seneca ha notizia della sua condanna a morte da parte di Nerone, nelle poche ore che gli rimangono egli detta allo schiavo Fabio la storia della sua vita. Un capitolo con la voce narrante del filosofo si alterna a uno raccontato da un narratore terzo. Seneca è un personaggio controverso: filosofo stoico e ricchissimo usuraio, precettore di Nerone e tessitore di intrighi di palazzo, fustigatore di costumi e complice di omicidi. La sua esistenza si intreccia con quella di Caligola, Claudio, Messalina, Agrippina e soprattutto Nerone, in uno spaccato di storia romana tra i più affascinanti.
Copertina flessibile: 189 pagine
Editore: Il Ciliegio (16 novembre 2017)
Collana: Narrativa
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8867714376
ISBN-13: 978-8867714377
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