Sonia Morganti è laureata in legge e la sua formazione le consente di approcciare il mondo della creatività in maniera metodica. Legge molto più di quanto scriva e crede fermamente nel potere creativo e amoroso della parola.
“Il magnifico perdente”, edito da Oakmond Publishing nel 2019, è il suo quarto romanzo ed è il libro che
porterà a Scripta Manent. Lui, di rimando, traghetterà il lettore oltre Manica, in una Londra dickensiana, dove un uomo e un bambino si incontreranno e, tra i fumi del carbone e la solitudine di un esule italiano, sbocceranno fiori.
Usando solo 5 aggettivi descrivi che scrittore sei
Esploratrice, generosa, entusiasta, filologica, musicale.
Una motivazione che convinca il lettore a leggere il tuo libro
Il fulcro de “Il magnifico perdente”– romanzo che porterò a Scripta Manent – è un fatto realmente
accaduto, ma sconosciuto ai più. Intorno a esso ho potuto costruire una narrazione corposa,
appoggiandomi sempre a fonti originali oltre che alla saggistica. Cito la quarta di copertina, che dice
tutto: “Il filo della storia s’intreccia con le vite degli esuli italiani, con i loro ricordi e le loro speranze,
tra delatori e nuovi amici, sostenitori e traditori, amori senza fine o senza inizio.” È un romanzo che
vi farà conoscere il lato rock di uno dei personaggi più maltrattati dai nostri sussidiari scolastici: vi
stupirà. E potrebbe perfino farvi vedere l’Italia con occhi differenti.
Dacci la tua citazione preferita del tuo libro.
Invece la parola è altro: è azione celata in una pallottola di inchiostro. Colpisce ed entra dentro a
fermentare; a volte infetta, altre germoglia. D’altronde, in principio era il Verbo. Il Verbo era presso
Dio. E il Verbo era Dio. Allora Dio è davvero pensiero e azione. E Lui, tramite la parola, sarebbe
stato loro testimone. Per quello, la sera prima, Emilio e Attilio, dopo aver pregato insieme, avevano
scritto a Mazzini una lettera lunga e accorata, sperando arrivasse nelle sue mani, perché potesse
fare eco alle loro parole e rendere giustizia alla loro memoria.
Cosa significa per te la Storia?
È ascoltare in differita uomini e donne vissuti prima di noi, vivere sotto pelle le loro vittorie e le
sconfitte. È come ballare un tango con loro, in un contatto silenzioso e profondo, fatto di
accoglienza e sospensione del giudizio. La Storia rende il senso della proporzione a noi
contemporanei, troppo spesso intenti a contemplarci l’ombelico. Insegna l’umiltà di uscire da sé e
dalla propria epoca, spinge ad accogliere un passato che a volte chiarisce l’oggi e, nel contempo,
invita ad apprezzare la vertigine della differenza.
Perché hai deciso di partecipare a Scripta Manent?
Un evento dedicato al romanzo storico, aperto a tutti gli autori e gli editori, era qualcosa che
mancava in Italia. Il genere forse non ha tantissimi seguaci, ma quelli che lo sono di solito
appartengono alla categoria dei lettori forti e si rivelano appassionati e attenti. Inoltre l’Italia è un
paese ricchissimo di passato e, quindi, di storie da raccontare. Non per scelta calcolata, forse solo
per amore istintivo, i miei romanzi storici sono tutti legati alla nostra terra. “Il magnifico perdente”,
che si svolge in Inghilterra e parla di esuli, forse è il più italiano di tutti.