Trama
Roma, settembre 12 a. C. Augusto, padrone di Roma dal 31 a. C., è da poco diventato anche Pontefice massimo. Ha saldamente in mano tutto il potere, ma è rimasto solo: Marco Vipsanio Agrippa, fedele amico e genero, è morto da pochi mesi; Gaio Cilnio Mecenate, il più ascoltato consigliere politico, si è ritirato a vita privata. Misteriosi omicidi ed eventi apparentemente prodigiosi sconvolgono Roma e minacciano il sistema istituzionale che Augusto e i suoi collaboratori hanno tanto faticosamente costruito. Mecenate è chiamato dal Principe a indagare in via riservata, muovendosi, da profondo conoscitore della natura umana, in una Roma nella quale la simulazione e la dissimulazione sono armi politiche affilatissime. Aiutato dal suo medico personale, il greco Ermocrate di Alessandria, e dal centurione Quinto Publicio Clemente, deve trovare il modo di sventare un complotto internazionale e di sopravvivere agli intrighi che qualcuno trama, anche nella casa di Augusto.
Recensione a cura di Maria Marques
“Mecenate ed il maestro della paura” è un ottimo thriller storico, uno di quelli che si leggono rapidamente, che avvincono pagina dopo pagina mentre ci si chiede, non tanto chi sia il colpevole, ma quale nuovo misterioso avvenimento turberà la tranquillità di Mecenate e di Augusto e quali trame nascoste vengano tessute nelle eleganti dimore delle famiglie aristocratiche.
Il protagonista non è un Mecenate giovane, che cavalca l’onda instabile del potere, legando le sue fortune a Ottaviano, ma un uomo di mezza età, ricco, annoiato, con i primi acciacchi, regali di una età adulta che sfiorisce nella senilità e che si è ritirato a vita privata. In questo esilio dalla vita pubblica
Mecenate è confortato dalla presenza del poeta Orazio e dalle affettuose cure di un giovane medico,
Ermocrate, che ama come un figlio e, divertito ed un poco lusingato, lascia che il suo rapporto con una splendida e giovane etera, sia oggetto di pettegolezzi nelle strade di Roma. Egli sembra felice in quel letargico ripiegarsi su sé stesso, in una triste repulsione verso gli intrighi del potere di cui è stato abilissimo artefice, ma è sempre attento e curioso del mondo che lo circonda.
“La morte non mi fa paura, ma c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare, qualche opera d’arte da acquistare, qualche tuo nuovo carme da ascoltare…”.
Sarà proprio a quest’uomo, che osserva con apparente disincanto la realtà che lo circonda, che tratta in modo estremamente cortese tutte le persone, inclusi i suoi schiavi, che si rivolgerà Augusto, perché investighi con discrezione, quando in circostanze molto misteriose, perirà il
flamine diale da lui designato, ovvero
il sacerdote preposto al culto di Giove Capitolino. Non si tratta di un incidente che potrebbe avere solo ripercussioni di ordine pubblico, ma potrebbe essere interpretato in modo così grave, da far crollare il sistema di governo ideato da Augusto e dai suoi collaboratori.
Tra ricerche sul campo, passeggiate in dimore patrizie, viaggi in lettiga in strade affollate, con una moglie capricciosa e volubile da tenere a bada, Mecenate ed Ermocrate avranno tutto il da fare per sbrogliare l’intricata matassa e mettere in mostra le rispettive capacità diplomatiche e scientifiche.
L’autore
Giulio C. Valcossi ci regala un romanzo in cui riesce ad equilibrare la parte investigativa e la parte storica, descrivendo la società romana dell’epoca con accuratezza, evidenziando i contrasti di luci ed ombre.
Gli investigatori sono due come nella miglior tradizione e, nonostante Ermocrate sembri talvolta un medico legale dei nostri giorni, l’autore è riuscito a renderli credibili e gradevoli, sfumando l’impulsività della gioventù e la competenza medica con la saggezza e la conoscenza di un mondo in cui l’inganno e la dissimulazione, sono all’ordine del giorno.
L’investigare porta benefici per tutti i protagonisti. Per il giovane Ermocrate sarà capire sé stesso ed ammettere ciò che era palese senza mai averlo notato, per Mecenate è la controprova che
“Non erano più i tempi avventurosi ed esaltanti della giovinezza, quando lottare per la vittoria e il potere accanto a Gaio Giulio Cesare il Giovane era sembrata un’esperienza degna di essere vissuta. Ora il potere era diventato soltanto un triste e noioso susseguirsi di intrighi e complotti. “
Per Augusto è ammettere a malincuore in un momento di estrema sincerità con il vecchio amico che
“Cesare Augusto, il Principe, non ha amici … ma Gaio Giulio Cesare Ottaviano sì.”
Riusciranno i nostri “poco eroi” a dare una spiegazione agli avvenimenti misteriosi che si susseguono nelle pagine del romanzo? Non posso raccontare nulla, ma suggerirvi semplicemente di lasciarvi conquistare dalla personalità di Mecenate e dallo stile dell’autore che sa dosare l’uso del latino senza rendere la lettura impossibile a chi non lo conosce. Chi ama il thriller ne apprezzerà l’intreccio e le capacità investigative attribuite ai protagonisti, chi ama la storia romana troverà un mondo vitale descritto con accuratezza. Non vi basta ancora? Vi lascio un indizio: state attenti alle capacità istrioniche perché come dice Mecenate molto saggiamente:
”Siamo tutti personaggi secondari nella commedia della nostra vita”.
Copertina flessibile: 422 pagine
Editore: edizione indipendente (23 dicembre 2018)
Lingua: Italiano
ISBN-13: 979-1220041881
ASIN: B07LD23PL1
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