Bentrovati , amici e lettori di Thriller Storici e dintorni!
Come forse tutti sapete, giovedì 9 maggio apre le porte il Salone del libro di Torino e noi oggi vogliamo stuzzicare la vostra curiosità presentandovi alcuni titoli che troverete tra gli stand. La Bonfirraro editore, ad esempio, per questa edizione del #SalTo 2019 punta molto allo storico e noi di TSD non potevamo certo lasciarci sfuggire le sue novità!
Eccone alcuni titoli che potrete trovare presso il loro stand (Pad. Oval – Stand U69).
L’ombra di Rol.
Una nuova indagine del commissario Moretti
di Enzo Orlando
Dopo il grande successo del suo romanzo d’esordio
Il diario Lombroso e il killer dei musei –
titolo di cui TSD ha avuto modo di parlare e la cui recensione potete leggere qui – Enzo Orlando torna a farci rivivere le magie di Torino, dei protagonisti che l’hanno abitata, l’hanno caratterizzata infondendo mistero e trascendenza.
Si rievoca la figura misteriosa e storica di
Gustavo Rol, il sensitivo torinese che ha diviso in due l’opinione pubblica, tra chi lo stimava e ne seguiva con interesse le “doti sovrannaturali”, e chi invece lo accusava e lo criticava pensandolo quale inventore di infondate e inesistenti illusioni.
Una nuova indagine per il
commissario Moretti, nuove piste e nuovi contesti si ripresentano: da un lato
Torino,
i Portici di Carta e
l’assassinio di un libraio, e dall’altro il meridione del 1861, ed efferati delitti a sfondo sessuale ai danni di giovane ragazze.
La storia, dunque, intreccia
passato e presente, in una continua indagine che porterà Moretti di fronte un bivio: due piste, una legata a delitti risalenti al 1861, pista che viene aperta da una missiva trovata in casa del libraio assassinato. La seconda riporta Moretti nuovamente indietro nel tempo, stavolta però gli si ripresenta la medium, già protagonista durante la sua precedente indagine per l’omicidio Lombroso.
Murate vive.
Marianna De Leyva e le monache di Monza
di Bruna K. Midleton
La Midleton, dopo il grande successo avuto con il romanzo storico
Lucrezia Borgia Giulia Farnese – anche questo titolo recensito qui su TSD – propone una storia avvincente su una delle più famose vicende storiche legate al mondo femminile, quello sulle
monache di Monza, compagne della più famosa Monaca di Monza di manzoniana memoria, “forzate” al velo claustrale contro la propria volontà e per questo costrette a una vita piena di tentazioni, sortilegi, privazioni e sacrifici in eterna contrapposizione tra beatitudine e peccaminosità.
Virginia Maria (Marianna De Leyva, la monaca di Monza de
I promessi sposi del Manzoni) non era certamente sola nel monastero delle Benedettine/Umiliate di Santa Margherita, con lei c’erano molte altre fanciulle “forzate” al velo claustrale contro la propria volontà.
Le vicende che le coinvolsero s’inquadrano in un microcosmo di sortilegi e malefici, lussuria e pratiche ascetiche, disciplina e corruzione del clero. Le fanciulle venivano sacrificate a calcoli d’ambizione e d’interesse, d’avarizia e d’eredità, trasferite dai sogni dorati dell’adolescenza ai silenzi austeri delle celle, dai nascenti amori alle privazioni e all’isolamento della clausura, cui si contrapponevano i fantasmi d’una cupa disperazione, d’un irrefrenabile desiderio, d’una perversione della natura. Sotto l’abito claustrale si celavano le tentazioni, s’insinuavano i peccati, si profanavano i corpi e le anime. La follia della monacazione forzata portava alla perdita della propria identità e alla rinuncia dei piaceri e delle gioie del mondo, ingenerando spesso ribellione alla sofferenza, al sacrificio, alle privazioni. L’anima veniva mortificata nell’esercizio della rassegnazione, nell’annientamento delle inclinazioni personali e delle ambizioni: pecore in mezzo ai lupi, colombe in mezzo ai serpenti. Beatitudine e peccaminosità apparivano unite in una combinazione edificante, in un miscuglio informe di vizi e di virtù umane, nel fascino del proibito, e poco poteva la lotta per conseguire la liberazione dalle passioni e l’imperturbabilità dello spirito.
Prese al laccio della forzata privazione, fu “umano”, per le fanciulle nascoste sotto il velo claustrale, assecondare quelle pulsioni prepotenti che si concentravano in loro stesse e che facevano parte del loro bagaglio. Dio era lontano e invisibile, la mondanità era vicina, a portata di mano, a opportunità da cogliere quale espressione del proprio essere. Su di esse, fatte strumento d’interesse, s’era affermata la
prepotenza, la violenza, l’ingiustizia, costringendole a generare il male contro se stesse, in un dissidio tra Cielo e Terra, tra verità e confusione. Se la Religione ne fu oltraggiata, la colpa va ricercata nell’infamia della nobiltà e del potere civile e religioso arroccato nei propri privilegi e nell’uso ignobile delle fanciulle. La più vergognosa delle ingiustizie s’era abbattuta sulle monache di Monza forzate al peccato e alle quali era stata chiesta una tremenda riparazione alla santità pretesa e violata.
Così si lamentò suor Virginia: “Sono finalmente uscita dall’inferno… l’inferno di promesse estorte e di vita negata, l’inferno che mi ha bruciata schiava e serva infelice, l’inferno di una tomba buia e fredda, l’inferno delle torture, dello strazio del corpo e dell’anima, l’inferno del silenzio e della disperazione… Monza dimentica le mie passioni e le mie colpe, non lasciare che l’eco funesto di quei tragici eventi ai quali sono sopravvissuta possa ricacciarmi all’inferno… Potrò mai trovare pace io, Marianna De Leyva, Signora di Monza, figlia di Martino usurpatore delle mie eredità, uomo ingiusto e crudele che ha sacrificato la mia giovinezza ai suoi interessi e distrutto la mia vita, che mi ha rubato il diritto alla libertà di volere quello che la natura mi chiedeva, che, nel male, ha segnato la mia sorte…”.
Il vulcano di Enea
di Gabriele Mulè
Una rigorosa indagine storica, fatta di ricerche e collazione di fonti inedite, su un viaggio favoloso: il
Grand Tour che portò tre gentleman inglesi a sfidare la fortuna, veleggiare verso la Sicilia e scalare fino in cima l’Etna, per la prima volta, mentre esplode in cielo la sua furia nel corso della grande eruzione del 1766.
Lettere, diari di viaggio, acquerelli e uno stupendo quadro ad olio del celebre pittore Bampfylde, redatti tra il 1765 e il 1767, sono i documenti inediti messi in luce in questo libro da Gabriele Mulè, architetto e studioso di
Storia del Giardino e del Paesaggio.
Riemerge dai documenti storici ritrovati dallo studioso negli archivi di mezzo mondo (USA, Gran Bretagna, Sudafrica, Italia), il favoloso e dimenticato
exploit che portò, tra il 19 e il 20 giugno 1766, per la prima volta, tre gentiluomini inglesi fin sulla cima dell’Etna nel corso di una grande eruzione.
Rigorosa indagine storica e taglio narrativo si intrecciano in una ricostruzione avvincente che mette a nudo il
Grand Tour di William Benson Earle (1740-1796), Henry Penruddocke Wyndham (1736-1819) e Sir Thomas Worsley (1726-1768), dipingendo l’affresco del grande viaggio alla volta dell’Italia, sotto il segno della descrizione evocativa di luoghi, opere d’arte, persone. Earle, Wyndham e Worsley, uomini realmente esistiti, compagni di viaggio, ne
Il vulcano di Enea dialogano tra loro con le loro stesse parole, tratte dai diari originali, trasmettendo intatta la stanchezza e la frustrazione, la fame e il freddo, l’eccitazione e il brivido, il senso profondo del mistero e del pericolo vissuti nella dimensione straordinaria del loro viaggio.
Ne
Il vulcano di Enea si insegue così il vero spirito del loro Grand Tour, intrapreso dall’Inghilterra
alla mercé di banditi, strade pessime e intollerabili locande, verso la presuntuosa Versailles, le grandiose antichità di Roma, le rovine sepolte di Pompei ed Ercolano, fino all’imprevedibile spettacolo del Vesuvio in eruzione (aprile 1766), prologo di eccitazione e turbamento che spinse i tre gentiluomini a tentare un’impresa: scalare l’Etna e i suoi crateri mentre sputano fuoco e fiamme (giugno 1766). È in Sicilia, isola ancora «molto poco visitata, per la maggior parte degli europei una terra sconosciuta, lontana e misteriosa come se appartenesse ad un altro continente» (come scrive Hélène Tuzet), che si compie la conquista fisica ed estetica del paesaggio millenario dell’Etna, scenario naturale dove si annidano insidie e occulte forze arcaiche, destinazione dai contorni sfumati, al centro di tormentate prospettive scientifiche e spirituali. Il periplo dell’isola, compiuto a bordo di una feluca lungo la rotta di Enea, il mitico eroe virgiliano, da Messina a Catania, da Siracusa ad Agrigento, fino a Palermo, completa il viaggio dei tre gentleman in una terra che soltanto negli anni a venire sarebbe diventata tappa estrema del Grand Tour.
Nato dallo studio di un misterioso e stupendo dipinto di Coplestone Warre Bampfylde (1720-1791) che rappresenta una
Veduta di una grande eruzione sul fianco meridionale del monte Etna in Sicilia, presa sul luogo la notte del 19 giugno 1766,
Il vulcano di Enea è un libro raro e unico nel suo genere. Il brivido colto del viaggio di scoperta in regioni misteriose e inesplorate, in bilico tra razionalità e meraviglia, si porge oggi, rinnovato, a un pubblico di appassionati, studiosi e viaggiatori moderni, sedotti dal fascino di un vero Grand Tour in una Sicilia settecentesca percorsa da un luminoso e irresistibile senso di riscoperta.
Che dite? Vi abbiamo messo un po’ di acquolina in bocca?Che ne pensi di questo articolo? | |
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