Laura Pitzalis conclude oggi il suo viaggio da “Esploratrice” TSD alla ricerca del Santo Graal. Dopo tanto peregrinare, la nostra inviata ritorna in Italia e ci racconta le ultime leggende sull’attuale natura e collocazione del Santo Graal!
Noi speriamo che vi sia piaciuta questa rubrica e dal canto nostro non possiamo che ringraziare Laura per il suo lavoro di ricerca cosi importante. Ma la invitiamo a non sedersi troppo sugli allori, nè sul divano di casa, perchè le ricerche storiche per lei non sono ancora finite!
Se vi siete persi il resto della rubrica
- Il Santo Graal tra leggenda e realtà – introduzione
- Il Santo Graal tra leggenda e realtà – la prima leggenda
- Il Santo Graal tra leggenda e realtà – le altre leggende
- Il Santo Graal tra leggenda e realtà – la magia occulta del terzo Reich
- Il Santo Graal tra leggenda e realtà – dove si trova ora il Graal? (parte prima)
- Il Santo Graal tra leggenda e realtà – dove si trova ora il Graal? (parte seconda)
- Il Santo Graal tra leggenda e realtà – il Graal si trova in Italia?
Castel del Monte
Nell’anno 1190 prende vita l’Ordine dei Cavalieri Teutonici, i quali entrarono presto in contatto con i Sufi, una tradizione kistica dell’Islam che tentava di coniugare in sinergia tra loro le tre grandi religioni: Ebraica, Islamica e Cristiana. A questi contatti giovò molto l’atmosfera creata da Federico II, Imperatore illuminato che seguiva una strada di convivenza tra le religioni e un unico Dio da portare come riferimento.
Il Graal, custodito in Oriente, sarebbe stato affidato proprio a Federico II dai Sufi per mezzo dei Cavalieri Teutonici, in modo da essere difeso dalle enormi distruzioni provocate dalle Crociate.
Seguendo il filo di questa storia, il Graal si troverebbe a Castel del Monte, la famosa costruzione di forma di coppa ottagonale, che venne edificata apposta per custodirlo; in effetti, e molto stranamente, Castel del Monte non venne mai usato, almeno ufficialmente, per nessuno scopo, sia esso civile o militare, ne tanto meno benne mai abitato dall’Imperatore.
Torino
Il Santo Graal è a Torino?
Potrebbe trattarsi di una ipotesi fondata se vogliamo tenere conto delle tante indicazioni che porrebbero la capitale del Piemonte come il luogo nel quale riposa il Santo Calice.
Molti sostengono che sia sepolto nei sotterranei della Chiesa della Gran Madre, o comunque che proprio in questa costruzione si troverebbero gli indizi per arrivare al nascondiglio. Altri sostengono che sia nascosto nella coppa che la scultura della Fede porge al cielo, altri ancora chi sepolto nel luogo che la scultura indicherebbe con lo sguardo, anche se risulta abbastanza difficile indicare un punto esatto in quanto la scultura è priva di pupille.
Una teoria abbastanza interessante dipinge invece il Graal non come oggetto bensì come simbolo e lo colloca ancora una volta a Torino; ricordiamo per inciso che Torino custodisce anche la Santa Sindone e sono molte le probabilità che si stia parlando dello stesso oggetto.
Uno studio effettuato dal Politecnico di Torino il nascondiglio della reliquia sarebbe Palazzo di Città e l’ipotesi troverebbe conferma osservando i calici riproposti sulla facciata dell’edificio. Niente di tutto questo è mai stato provato ma l’idea che il Graal sia stato importato forse dai pellegrini che si spostavano per l’Europa durante il Medioevo o forse dai Savoia insieme alla Sacra Sindone, rimane sempre viva nella fantasia e nel desiderio di chi ancora vuol credere.
Bari
Nell’anno 1087 partì dalla Turchia una nave molto speciale, al suo comando erano un gruppo di mercanti, il suo carico le spoglie di San Nicola, la loro destinazione: Bari.
In onore di questi uomini ardimentosi e del Santo venne eretta una Basilica.
Una storia diversa, però, si affianca a quella appena raccontata, una storia che vede, nella traslazione delle spoglie di San Nicola, soltanto un comodo espediente per mascherare un ritrovamento molto più importante, quello del Santo Graal.
Non si trattava quindi di semplici mercanti, bensì di Cavalieri che agivano per conto di Papa Gregorio VII, che non voleva rendere pubblica la scoperta in quanto intravedeva nel Graal un simbolo che andava oltre la religione Cristiana.
Perché, se il Papa temeva il Graal, decise di farlo nascondere a Bari? Probabilmente temeva che la presenza del Sacro Calice in terra di Turchia avrebbe in qualche modo aiutato i Saraceni, decretando la sconfitta dell’Impero Bizantino, oltre che nuocere all’espansione del Cristianesimo.
In una chiesa sconsacrata di Myra, i mercanti/cavalieri prelevarono alcune ossa, in seguito identificate come quelle del Santo, questa operazione di recupero giustificò la loro presenza sul suolo Turco e l’edificazione della Basilica di Bari.
Non a caso venne scelta questa città come ultimo rifugio della Sacra Coppa; proprio da lì sarebbero partiti i Cavalieri per la Terra Santa ricevendo l’influsso benefico del Graal e lo stesso influsso avrebbe protetto Roberto il Guiscardo, Re Normanno delle Puglie e principale alleato del Papa.
C’è poi un’altra circostanza che porta a considerare la Basilica di San Nicola come un luogo speciale, legato al Graal e a Re Artù: qui è infatti conservata anche una riproduzione della Lancia di Longino, un’altra importante reliquia della cristianità. Si tratta infatti della Lancia che il centurione Longino usò per trafiggere il costato di Gesù sulla croce e il sangue di quella ferita sarebbe stato raccolto in una coppa. Il Graal appunto…
Questa Chiesa, costruita subito dopo l’arrivo delle ossa di San Nicola a Bari, mostra chiari riferimenti al cosiddetto ciclo arturiano. Riferimenti che sono antecedenti alla diffusione delle leggende sui Cavalieri della Tavola Rotonda. E’ soprattutto nell’archivolto di questa porta, chiamata “Porta dei Leoni”, realizzata nel XII secolo dallo scultore Basilio, che Artù e i suoi cavalieri si mostrano…
C’è un’ipotesi: che con il soprannome “Artù” venissero indicati tutti quelli che si impegnavano a cercare il Graal… Se questo è vero, forse la preziosa reliquia si nasconde proprio qui, in questa Basilica. Ma dove? Per scoprirlo bisogna unire due tracce. Una è nell’archivolto e l’altra nella misteriosa iscrizione, nota come il crittogramma di San Nicola e che vedete su questa lamina d’argento che ricopre l’altare del Patrocinio.
Se si fa attenzione: quella che sembra una cornice dei vari riquadri è in realtà una sequenza di lettere che, in apparenza, non formano alcuna parola.
Da anni questa serie di 622 lettere, molte delle quali non perfettamente leggibili, rappresenta un autentico rompicapo che in tanti hanno cercato di decifrare… ma ancora tutt’ora resta un grande mistero
Napoli
Le tracce del Graal portano fino a Napoli: al Maschio Angioino, in cui sono stati identificati complessi simboli legati alla mitica coppa e un misterioso “libro di luce” – notato solo di recente – che appare su una parete della antica sala del trono. Un vero e proprio messaggio cifrato lasciato da un sovrano spagnolo, arrivato in Italia da conquistatore nel XV secolo, convinto di essere il legittimo possessore del Graal.
Il re in questione è Alfonso V di Aragona conquistatore di Napoli nel 1442, che avrebbe deciso di dedicare al Graal il Maschio Angioino (o Castel Nuovo), la fortezza – voluta nel Duecento da Carlo I d’Angiò – che ricostruì dopo la conquista della città. Infatti, nel castello, lo studioso di simbologia ed esoterismo Salvatore Forte ha identificato diversi elementi che richiamerebbero il legame particolare del mitico calice con il sovrano spagnolo: un trono in fiamme, una giara-coppa e un libro disegnato dalla luce del sole in quella che era la sala del trono di re Alfonso, fenomeno che nessuno aveva finora descritto. «Il sovrano spagnolo si sentiva un novello Galahad e volle ricreare nella fortezza una simbolica analogia fra il cavaliere e se stesso, celebrando il diritto di governare il Regno di Napoli come Galahad aveva acquistato il diritto di sedersi sulla tredicesima sedia alla corte di re Artù», sostiene Forte.
E infatti il “seggio periglioso”, rappresentato come un trono con al centro una fiamma, è raffigurato nelle insegne del sovrano, sulle volte, sui pavimenti e nell’arco trionfale all’ingresso del Maschio Angioino. A Napoli, Alfonso indossò anche un’armatura decorata con tale simbolo-talismano. Senza contare che alla base del Balcone del Trionfo, da cui il sovrano si affacciava sul cortile del castello, è scolpita una giara, l’emblema dell’Ordine della Giara, fondato dal padre di Alfonso, Ferdinando “il Giusto”: era sì una delle onorificenze più importanti del regno, ma anche una coppa. Che Forte ipotizza potesse rappresentare appunto il Graal.
Ma c’è un’altra misteriosa immagine che compare nel portale d’ingresso del castello e nei ritratti di Alfonso: un libro aperto, definito dai raggi del sole. Qual è il suo significato? Un richiamo agli studi letterari e filosofici della corte aragonese, certo. Ma non solo. «Esotericamente il libro aperto può rappresentare la conoscenza rivelata», spiega Forte. «Non può essere un caso, quindi, il fenomeno che abbiamo osservato durante il solstizio d’estate nella Sala dei Baroni, l’antica sala del trono». Nel periodo delle giornate più lunghe dell’anno, i raggi del sole penetrano dal finestrone più grande della stanza, sul lato ovest del cortile: la luce crea sul muro opposto una sagoma ben definita, che ricorda la forma di un libro aperto e “sale” fino al centro della parete. «Le misure di questo libro di luce sono particolari: rappresentano 1/16 della misura della Sala, che è un cubo con i lati di 26 metri. Se dividiamo questa misura per 16, il risultato è 1,6: è il numero aureo, una proporzione su cui si basano molte forme della natura», prosegue Forte. Un numero che ha affascinato filosofi e artisti, che lo hanno riprodotto come ideale di bellezza e perfezione.
Ma bastano queste considerazioni e questa simbologia a gemellare il Maschio Angioino di Napoli con il calice di Cristo? Che cosa c’entra quindi il Maschio Angioino?
C’entra, perché Salvatore Forte, nelle sue ricerche, ha notato l’indizio di cui si parlava prima: «Il soffitto della Sala dei Baroni è pressoché identico a quello della cappella spagnola del Santo Calice».
Acerenza
In Basilicata c’è un borgo di duemila abitanti che, da secoli, nasconde un mistero. Si tratta di Acerenza, in provincia di Potenza, uno dei borghi più belli d’Italia.
Secondo i lucani, nel borgo è celato il Sacro Graal, si troverebbe nascosto da qualche parte all’interno della Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio Vescovo.
Ne parla nel suo libro “Forse non tutti sanno che in Italia …” (Newton Compton Editori) Isa Grassano.
Gli indizi che hanno portato a questa convinzione sono tanti, eccoli elencati:
Il fondatore dell’Ordine dei Cavalieri Templari (1118), Hugues de Payns, sarebbe nato nel vicino Comune di Forenza e proprio da queste parti fu fissato il punto di ristoro morale e spirituale per le truppe della sesta Crociata nel 1227, proprio quando Padre Andrea, Arcivescovo della cattedrale di Acerenza, ebbe un ruolo attivo nell’organizzazione della Crociata. Sarebbe stato lo stesso Hugues de Payns a nascondere il Graal nella cattedrale di Acerenza.
Altro indizio: la piazza in cui si trova la chiesta si chiama piazza Glinni, genitivo della parola gaelica ‘glin’, come gaelica è la leggenda del Graal.
E ancora: la cripta della cattedrale fu restaurata nel 1524 dal Conte Ferrillo Balsa, membro dell’ordine dei Cavalieri di Gerusalemme. Durante il restauro venne murata una finestrella, fatto che lascia spazio all’ipotesi che dietro vi sia stato nascosto qualcosa. Cosa?
Ma non è tutto: il nome della cattedrale è un ennesimo indizio. Cosa doveva sorvegliare Canio, a cui è intitolata la chiesa, il cui nome gaelico significa proprio “Magnifico sorvegliante”?
“Nessuno però sa esattamente dove si nasconda il Graal”, spiega l’autrice. “Nella chiesa ci sono diversi indizi, io ho parlato di una finestra murata, ma di finestre ce ne sono tante, nessuno ha mai capito quale fosse quella giusta quindi non è mai stata aperta”
Genova
Genova, e più esattamente la Cattedrale di San Lorenzo, nella quale si conserva una coppa di forma esagonale conosciuta come il Sacro Catino.
Si tratta di un calice di vetro egiziano verde che la tradizione vuole sia stata intagliato in uno smeraldo (ancora riferimenti alle tradizioni esoteriche, in questo caso allo smeraldo di Lucifero).
Dopo la conquista dell’Italia da parte di Napoleone, il calice fu portato a Parigi e al suo ritorno in Italia si ruppe; molte le ipotesi sulla sua origine, da quella di Guglielmo di Tiro che lo vuole come custodito in una Moschea a Cesarea nell’anno 1101, oppure la tradizione spagnola che lo vuole ritrovato da Alfonso VII di Castiglia durante la presa della città di Almeria nel 1147, battaglia alla quale parteciparono anche i Genovesi.
L’identificazione del Sacro Catino con il Santo Graal avviene nel XIII secolo, ad opera di Jacopo da Varagine.
Aquileia: Il Punteum aureo
Punteum aureo, il pozzo aureo o d’oro, è un leggendario pozzo in cui sarebbero stati nascosti tutti i tesori della città di Aquileia sotto l’Impero Romano, per evitarne la cattura da parte di Attila che stava avanzando con le sue orde.
Il contenuto del pozzo e il pozzo stesso non vennero mai rinvenuti ma le tradizioni e le leggende narrano che il mistero della sua collocazione sia custodito dai Patriarchi di Aquileia, che si sarebbero tramandati il segreto che conferiva un potere enorme al patriarcato; sempre secondo queste leggende, lo stesso Sacro Graal, la coppa dell’ultima cena di Cristo, potrebbe trovarsi fra i tesori del pozzo.
I fatti che proverebbero questa teoria sono quelli contenuti in un’altra leggenda che narra di Giuseppe d’Arimatea e del Santo Graal; tra il 33 e il 40 d.C. Giuseppe possedeva già il Santo Graal ed era cosciente dei poteri che da questo derivavano. La situazione dei Cristiani era sempre più critica e in social modo la sua, visto che aveva conosciuto Gesù e conservava una delle reliquie più potenti mai esistite. Tra il 40 e il 50 d.C. inizia una diaspora dei Cristiani perseguitati, il luogo prescelto da molti è proprio l’Italia e anche Giuseppe si unisce ai fuggitivi intorno al 34-41 d.C.
Il luogo prescelto per l’approdo è proprio Aquileia, uno dei porti più decentrati della penisola Italiana con possibili vie di fuga verso i vicini confine dell’Impero in caso di necessità. Giunto ad Aquileia, Giuseppe d’Arimatea si preoccupa subito di nascondere il Graal, in vista anche del fatto che quella non sarà la sua ultima meta e che quell’oggetto è troppo prezioso per essere portato in giro senza rischi.
Il Calice rimane quindi in città o nei pressi, ma dove esattamente?
Queste dunque le storie del Santo Graal, un enigma difficile da risolvere e che ha portato nel corso dei secoli ad una vera e propria caccia al tesoro, un tesoro misterioso di cui non si sa di preciso né la natura né la forma e ancora oggi ci si chiede se è esistito realmente: ben riassunta da Piergiorgio Odifreddi, che sul suo Il Vangelo secondo la Scienza scrive:
Che cosa sia il Santo Graal si sa: è qualcosa di cui non si sa né cosa sia, né se ci sia.
Le fonti
http://www.templaricavalieri.it/santo_graal.htm
https://lupoedraghina.wordpress.com/tag/la-leggenda-del-re-pescatore/
http://www.acam.it/dove-si-trova-il-sacro-graal-i-luoghi/
http://www.cerchinelgrano.info/sacro_graal.htm
https://www.focus.it/cultura/mistero/dove-nascosto-il-sacro-graal