Vedremo tra poco le implicazioni di questo parallelismo. Prima però sarà bene riprendere un’altra preziosa intuizione di Wind: ad alcuni tra i critici di Morelli (ndr, Medico Italiano esperto d’arte) sembrava strano il dettame che «la personalità va cercata là dove lo sforzo personale è meno intenso». Ma su questo punto la psicologia moderna sarebbe certamente dalla parte di Morelli: i nostri piccoli gesti inconsapevoli rivelano il nostro carattere più di qualunque atteggiamento formale, da noi accuratamente preparato .” «I nostri piccoli gesti inconsapevoli…»: alla generica espressione «psicologia moderna» possiamo sostituire senz’altro il nome di Freud. Le pagine di Wind su Morelli hanno infatti attirato l’attenzione degli studiosi su un passo, rimasto a lungo trascurato, del famoso saggio di Freud “Il Mosè di Michelangelo” (1914). All’inizio del secondo paragrafo Freud scriveva: “Molto tempo prima ch’io potessi sentir parlare di psicoanalisi venni a sapere che un esperto d’arte russo, Ivan Lermolieff, i cui primi saggi furono pubblicati in lingua tedesca tra il 1874 e il 1876, aveva provocato una rivoluzione nelle gallerie d’Europa rimettendo in discussione l’attribuzione di molti quadri ai singoli pittori, insegnando a distinguere con sicurezza le imitazioni dagli originali e costruendo nuove individualità artistiche a partire da quelle opere che erano state liberate dalle loro precedenti attribuzioni. Egli era giunto a questo risultato prescindendo dall’impressione generale e dai tratti fondamentali del dipinto, sottolineando invece l’importanza caratteristica di dettagli secondari, di particolari insignificanti come la conformazione delle unghie, dei lobi auricolari, dell’aureola e di altri elementi che passano di solito inosservati e che il copista trascura di imitare, mentre invece ogni artista li esegue in maniera che lo contraddistingue. È stato poi molto interessante per me apprendere che sotto lo pseudonimo russo si celava un medico italiano di nome Morelli.”Tenendo presente questo metodo d’indagine Luciano Canfora analizza e viviseziona ogni parola del testo greco e giunge alla conclusione che ci sono troppi anacronismi, incongruenze, falle logiche per poter credere all’originalità del papiro. Piano piano, accumulando indizi e “spie”, come direbbe Ginzburg, riesce anche ad individuare l’ambiente culturale dell’autore del testo e anche le sue fonti, soprattutto l’epitome di Artemidoro eseguita da Marciano nel V secolo d.C. Come in un giallo tali prove portano anche ad identificare il presunto colpevole, il falsario greco Costantino Simonidis vissuto nella seconda metà dell’Ottocento, famoso proprio per i falsi che riuscì a vendere a diversi musei. La tesi di Canfora è che il papiro di Artemidoro, nato nella bottega di Simonidis come provato da diverse occorrenze, sia stato poi fatto passare per autentico e venduto agli sprovveduti acquirenti. Canfora compie un notevole lavoro filologico ponendo in relazione diversi autori, molto posteriori ad Artemidoro, i cui scritti vengono riverberati nel papiro e questa lunga inchiesta ha portato alla fine del 2018 il tribunale di Torino a dichiarare falso il documento. Copertina flessibile: 533 pagine Editore: Laterza (17 gennaio 2008) Collana: Storia e società Lingua: Italiano ISBN-10: 8842085219 ISBN-13: 978-8842085218 Link d’acquisto: Il Papiro di Artemidoro
Il papiro di Artemidoro – Luciano Canfora
Trama
Tutto comincia quando un mercante armeno propone all’Università di Milano di esaminare un papiro di circa 2,5 metri alto 32,5 centimetri. Il documento contiene, oltre a cinque colonne di un testo greco, sul lato recto una mappa geografica, ritratti di volti e disegni di varie parti del corpo umano; sul verso una quarantina di figure animali. Il reperto sarebbe stato rinvenuto dal mercante in una mummia, con altri frammenti di papiro di epoca neroniana. Il reperto è datato alla metà del I secolo d.C. e il testo è identificato come parte della perduta Geografia di Artemidoro di Efeso. Acquistato da una Fondazione, il papiro diventa il cuore di una grande mostra allestita a Torino nel 2006 e l’improvvisa apparizione del papiro suscita clamore nell’ambiente degli studiosi di testi antichi e degli storici dell’arte. Peccato, sostiene Luciano Canfora, che si tratti di un clamoroso falso. Troppe informazioni non combaciano nella teoria delle “tre vite del papiro di Artemidoro” elaborata dagli studiosi: il testo appare di epoca più tarda rispetto alle datazioni ufficiali e l’intero reperto riporta grossolani errori sintattici e di contenuto. Dinanzi a quale prodotto ci troviamo? Uno spezzone di un’opera perduta che riutilizza giustappunto quel poco che già se ne conosceva? O è la creazione di un geniale inventore moderno? Il principale indiziato è Constantinos Simonides, greco di nascita e appassionato di pittura non meno che di geografia antica, falsario di fama nell’Europa ottocentesca.
Recensione a cura di Salvatore Argiolas
La vicenda del presunto papiro di Artemidoro è così interessante che travalica l’attenzione degli addetti ai lavori, storici e archeologi, e viene seguita con continuità anche dai media non specialistici.
Il papiro di Artemidoro è un papiro che venne attribuito al geografo greco Artemidoro attivo nel I secolo dopo Cristo. Il manufatto, che dovrebbe riguardare un testo geografico di un’opera perduta di Artemidoro fu portato a conoscenza della comunità scientifica negli anni Novanta del secolo scorso e subito sorsero dubbi sull’autenticità del documento, a causa della scarsa chiarezza sulla provenienza e dell’entità del prezzo richiesto per la vendita.
Nel 2004 infatti il papiro è stato acquistato per 2.750.000 euro dalla Compagnia di San Paolo di Torino malgrado molti esperti dubitassero dell’autenticità del documento.
Uno dei maggiori critici della veridicità dell’attribuzione, Luciano Canfora, ha argomentato le sue tesi nel libro “Il papiro di Artemidoro”, saggio che si legge come un giallo.
L’esame di un documento, specialmente antico si basa su due tipi di dati: evidenze interne ed evidenze esterne.
Evidenze interne sono quegli elementi che emergono dal documento stesso: tipo di carta, tipo di inchiostro, tipo di calligrafia ed altri fatti inerenti al contenuto del testo. Evidenze esterne sono tutto ciò che che, al di là del documento in esame, si riferisce ad esso. Per esempio, quando un diario o una lettera vengono citati da un altro documento la cui autenticità è certa.
Canfora poggia le sue critiche proprio sulle evidenze esterne del papiro anche seguendo le abduzioni suggerite da un saggio a cui accenna ma che non cita, “Spie. Radici di un procedimento indiziario” dove il grande sociologo e storico Carlo Ginzburg, figlio di Leone e Natalia Ginzburg, pone in relazione i metodi d’indagine dell’investigatore e del critico d’arte, citando un saggio di Sigmund Freud: “Il Mosè di Michelangelo”.