Recensione a cura di Antonia Ercoli
In auto, percorrendo l’autostrada A14 in direzione nord, appena dopo Pesaro, lo sguardo è improvvisamente catturato da un castello che sembra uscito da una favola, la Rocca, con le sue merlature, i camminamenti perfettamente conservati: un luogo incantevole dove il medioevo si respira ancora. Si tratta di Gradara, un borgo che domina la collina a due passi dal mare, teatro di un amore folle quanto tragico, reso immortale dalla penna del Sommo Poeta Dante Alighieri:
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense
Talvolta un libro è il racconto della triste storia di Paolo e Francesca attraverso gli occhi di un giovane che, per uno strano caso del destino, incrocia le sue vicende a quelle della nobildonna Riminese.
Siamo nel 1285, Lanfranco, il figlio dello speziale, ha solo quindici anni quando si trova al cospetto della bella Francesca, cui deve consegnare un medicamento per la figlia malata. Quest’incontro fortuito provocherà un grande cambiamento nell’animo del giovane, amante delle lettere e piuttosto svogliato in tutto il resto delle faccende: l’occasione di godere del favore della nobildonna lo riempie di una nuova vitalità. La vita non era stata generosa con Francesca: il padre, Guido da Polenta, decise di concedere la mano della fanciulla a Giovanni Malatesta, che lo aveva aiutato a sconfiggere i nemici. La coppia però era mal assortita: Giovanni veniva chiamato con il nomignolo di Gianciotto, per via della sua zoppia. Sicuramente Francesca si sarebbe aspettata ben altro per il suo matrimonio.
I due genitori decisero di mettere Francesca di fronte al fatto compiuto, mandando all’altare Paolo il Bello, fratello minore di Gianciotto. Francesca rimase subito stregata da quello che pensava essere suo marito, per cui la consapevolezza dell’inganno la lasciò in uno stato di grande prostrazione. Sola, in un castello lontano dagli affetti famigliari, con un marito che la ripugnava, Francesca trae grande giovamento dalla presenza del figlio dello speziale, un giovane colto, con cui può parlare di letteratura e che talvolta le presta dei libri, bene prezioso, per allietare le lunghe giornate da trascorrere nella solitudine del castello.
Gli occhi del giovane dall’intelletto fine carpiscono dinamiche particolari tra i vari membri della famiglia, in particolare non gli sfugge la confidenza che Paolo Malatesta ha nei confronti della cognata.
Con il passare del tempo la voce di una relazione tra i due cognati corre di bocca in bocca nel borgo, ma Lanfranco capisce che qualcosa non va quando non trova Francesca a riceverlo come sempre. Il suo mondo cade a pezzi, perchè sono passati ormai quattro anni dal loro primo incontro, e l’ammirazione innocente di Lanfranco nei confronti di Francesca è sfociata in un sentimento più vicino all’amore.
È attraverso un libro che Lanfranco scopre la triste verità su Francesca, il libro che le aveva prestato, su cui sono incisi i segni della violenza di cui la nobildonna è stata vittima insieme a Paolo, l’amore che la vita le aveva negato.
La storia d’amore tra Paolo e Francesca è evidente pur non essendo descritta nel racconto: sono quei piccoli cenni di intesa, un’intimità palese ma non ostentata, che rendono evidente il filo sottile che lega queste due anime. Solo alla fine il lettore verrà a conoscenza di qualche dettaglio in più sulla sanguinosa vicenda, ma sempre in modo molto delicato.
Una delle cose che mi ha maggiormente colpito di questo libro è la raffinatezza della scrittura, la narrazione è contraddistinta da uno stile elegante e forbito che si amalgama alla perfezione con il periodo storico e con i fatti raccontati. Mi è piaciuto molto il modo in cui interagiscono i personaggi, il timore reverenziale del ceto medio nei confronti dei nobili e i rapporti famigliari, a mio parere si colloca molto bene nel periodo storico: a quell’epoca, considerando la durata della vita molto più breve rispetto ad ora, sarebbe stato normale per un ragazzo di quindici anni (come Lanfranco all’inizio della narrazione) essere considerato un uomo.
Da tutti questi particolari si evince una minuziosa ricerca storica: la documentazione approfondita risulta evidente anche nell’accuratezza con cui vengono descritti i rimedi e la bottega dello speziale, come del resto tutti gli aspetti della vita del borgo alla fine del Duecento.
Ho trovato questo romanzo veramente molto gradevole, scorrevole e ben scritto, per questo lo consiglio a chiunque volesse leggere un racconto della vicenda di Paolo e Francesca scritto in modo delicato e molto raffinato con un’ottima documentazione storica.
Trama
Gradara, nel XIII secolo, è un ameno borgo medievale situato nelle Marche al confine con la Romagna che fa da sfondo a una storia d’amore che diventerà storia. Il libro definito “galeotto” da Dante Alighieri nel Canto V dell’Inferno è causa ed effetto della passionale e, al tempo stesso, tragica relazione tra la bella Francesca e il cognato Paolo.
Copertina flessibile:224 pagine
Editore:Elmi’s World (1 gennaio 2016)
Collana:Elmi’s World
Lingua:Italiano
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