Trama
In una Toscana quasi irriconoscibile – accentuati i tratti più aspri e arcaici, sfumati i più canonici e rinascimentali – si ambientano le storie di due donne, Carla e Carelle, distanti più di mille anni eppure così simili. Carla, trentenne intellettuale, ottiene dalla strega del paese quella maternità che dovrebbe stabilizzare un’esistenza lavorativa e affettiva ancora precaria. Carelle, adolescente di stirpe longobarda, suggestionata dalla religione dei “romani”, insegue il sogno di una nuova immacolata concezione. Anche per lei sarà fatale l’incontro con una piccola strega. Entrambe donne “di forte volere e valore”, cercano di decidere il proprio destino, sottraendosi all’angustia cui intollerabili condizionamenti sociali le sottopongono, attraverso la maternità, atto creativo supremo, nuovo peccato originale. Come tale, però, carico di nefaste conseguenze.
Recensione a cura di Laura Pitzalis
Dìade, cita il dizionario Treccani:
s. f. [dal lat. tardo dyas -ădis, gr. δυάς -άδος, der. di δύο «due»]. – Propr., coppia di enti o di elementi; dualità.
E in effetti in questo libro è la “
dualità” che determina i destini delle due protagoniste,
Carla e Carelle, e lo spazio temporale dei due racconti, due epoche distanti mille anni ma che propongono situazioni in un certo senso molto simili: Carla vive nella nostra epoca e la giovanissima Carelle nell’VIII secolo durante la dominazione longobarda.
Parte prima: Carla
Il libro si apre con Carla, insegnante precaria di trent’anni, che vive con il compagno Vasco in un appartamentino a Firenze
.
È una
donna idealista che si scontra ogni giorno contro i pregiudizi, la burocrazia, le regole e i limiti del mondo della scuola e il cui più grande sogno è scrivere un romanzo autobiografico. Si tratta anche di una donna con una grande insoddisfazione esistenziale, dovuta alla mancanza di una casa di proprietà, alla precarietà del lavoro, alla mancanza di progetto matrimoniale e procreativo con il suo compagno. Una donna che trova una soluzione per risolvere tutto questo:
concepire un figlio!
E qui […] ecco che Carla concepì l’idea di fare un figlio a tradimento. […] Un figlio che oltre risarcirla dalla mancanza d’amore, le avrebbe fatto sopportare la noia del lavoro, le avrebbe mantenuto il “tetto sopra la testa” fino alla vecchiaia, poiché Vasco al figlio glielo avrebbe dovuto per legge
E’ anche una
donna calcolatrice che vuole usufruire al massimo dei benefici della maternità per cui è necessario che il figlio venga concepito in un periodo ben circoscritto, e perché questo avvenga con assoluta certezza è necessario l’intervento della magia:
Rosa Vera, la fattucchiera del suo paese natale. Ecco come Carla la ricorda:
[…] La Carla conservava, poi,l’impressione di volumi a complicare,ad accrescere il busto: una pelliccia, un collo, rusche, foulard, spalline sagomate. Di contro, fantastiche erano, nella percezione e nella memoria, la magrezza e la lunghezza delle gambe, inguainate da collant castoro […]. Platino i capelli, naso aquilino, collier e pendenti vistosi e tutti d’oro, senza pietre, magrezza di strega con però prodigioso bel decolleté, compatibilmente, s’intende, col progressivo spengersi delle carni […]
Il prodigio avviene e Carla rimane incinta non di uno ma di due gemelli e nel periodo stabilito dalla “cuenta”, i suoi calcoli.
Fare la mamma però non si realizza nei modi previsti, ed eventi improvvisi e drammatici ne sconvolgono la vita. Per rimanere a galla, deve sopportare e risolvere situazioni tragiche, e le deve risolvere da sola:
C’era stato un momento tremendo, dove lei si era ritrovata senza casa, senza lavoro, senza compagno e i pochi parenti suoi e dei figli le avevano girato le spalle
Parte seconda: Carelle
Carelle è la protagonista della seconda parte del libro. E’ giovanissima, 13 anni , e
vive in una turpia, un agglomerato di capanne in mezzo al sudiciume, al fango, allo squallore:
[…] allo spettacolo dei bambini mocciosi che se le davano a volte fino a cavarsi gli occhi, delle donne prese a forza a tutte le ore del giorno e della notte; e ai fumi, rutti, miasmi, pisciate eiettate a gara più lontano possibile … […]
Ma non era stato sempre così … ogni civiltà era scomparsa con la morte della mamma e nessuno più
[…] intrecciava vinchi, arrotolava corde, pestava erbe, appassiva fiori, pettinava bimbe, sbucciava pali, stoccava fichi, mele noci.
Non identificandosi con la gente del suo villaggio, Carelle si
isola in uno spazio tutto suo vicino al fiume, dove trova serenità e quiete.
[…] Carelle da tre anni, dunque, libera come l’aria si bagnava volentieri al fiume; percorreva trenta minuti di strada per il suo punto preferito, una pozza con cascata, presso un lindo querceto […]
Quando il padre decide di darla in sposa Carelle si rende conto che l’unica via di salvezza per lei è
fuggire: vuole andare nel villaggio romano, dove anni prima era stata con la madre e dove, i
pelasgi, adorano un Dio che era stato un dio-uomo, nato da una donna comune, Maria.
Vuole abbracciare la nuova religione.
Nel tragitto è affascinata da un’immagine della Madonna con Bambino che le rivela la sua vera missione: sarà la nuova
Immacolata Concezione
[…] e credette esserle rivelato, da insistenti fruscii dei cipressi che bordavano la carreggiata, che Carelle-madre era stata una reincarnazione di Maria, rifattasi donna allo scopo di partorire nuovamente il dio; solo che i greci l’avevano prematuramente uccisa. Ora però questa figlia rimasta, questa nuova Carelle, avrebbe compiuto l’opera in vece sua.
Missione che le farà conoscere Oliva (o Sallustia), una giovinetta con un’aura di magia:
[…] “ Essi romana ot aria?”, dice una voce roca […] e Carelle balza su. C’è una donna alla sua destra […] in piedi, a gambe larghe, cinge con ambo le braccia due grossi faloppi che le ricadono fino ai fianchi […]. Carelle la scruta, mette a fuoco rapidamente il volto, che due bande di ricci bisunti celano in parte […] L’incarnato […] dà sul verde-fango; il naso è così lungo , camuso! Gli occhi, a mezzaluna, piegati all’ingiù […] Carelle riconosce ora la tenerezza dei tratti e della carne, capisce che quella che ha davanti è pur sempre una fanciulla sua coetanea. […]
Missione che la porterà a dover sopportare e risolvere situazioni tragiche e impreviste che, come Carla, dovrà risolvere da sola.
Sarò sincera e vi dico che l’impatto con la lettura di questo libro non è stato dei migliori, complice la scrittura non molto scorrevole di un
italiano aulico e rigoroso. Una nota di originalità visto la giovane età della scrittrice. Ma una volta capita la “chiave” di lettura, le pagine del libro hanno avanzato tanto rapidamente, quanto la mia curiosità di sapere il “come va a finire”.
Un libro dall’impostazione singolare:
due storie completamente diverse tra loro, con nessun argomento in comune, e due spazi temporali distanti più di mille anni.
Ma ci sono due donne, Carla e Carelle, determinate e forti, due donne che, pur con obiettivi diversi e in epoche differenti, hanno un comune denominatore: la
caparbietà di raggiungere ad ogni costo e con ogni mezzo i loro fine. E’ il trionfo del genere femminile, della donna che non teme la sua fragilità, della donna decisa a superare con sacrificio, fatica e dolore, gli ostacoli che il pregiudizio, l’ignoranza, l’ostilità e l’arroganza, di chi pretende di dominarla, semina nel cammino verso la libertà di decidere il proprio destino.
Lucia Bruni è riuscita con il suo libro a farmi riflettere sulla potenzialità che ha il voler realizzare con determinazione un obiettivo, per il quale si combatte, si cade, ci si rialza e si va avanti fino al raggiungere la meta. Se questo è ciò che si vuole.
Un libro che è l’esempio pratico di un notissimo detto:
“ Volere è potere”
Copertina flessibile: 224 pagine
Editore: Press & Archeos (11 gennaio 2018)
Collana: Narrativa
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8896876966
ISBN-13: 978-8896876961
Link d’acquisto volume cartaceo: Dìade
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