Siamo giunti alla quarta tappa del
blog tour dedicato al libro “
Kaijin” di Linda Lercari e prendiamo il testimone dal blog
Diario di un sogno che ieri ci ha parlato della
figura del Samurai.
Prendiamo quindi le mosse proprio dalla figura degli antichi guerrieri giapponesi per parlare di tre tipi
armi che utilizzavano all’epoca.
In questo libro di Linda Lercari traspare tutta la sua passione, tramutata in studi approfonditi, del medioevo giapponese. All’interno della storia raccontata dei Samurai svolgono un ruolo preponderante e oltre ad essere descritte in modo molto preciso, il lettore ha la possibilità di leggerne tutti i nomi originali giapponesi.
Abbiamo dovuto fare una scelta e proporvi solo tre tipi di spade, ma nel libro di Linda Lercari sono moltissime le descrizioni di armi, armature e tecniche di combattimento dei Samurai. Anche solo dai pochi estratti che vi proponiamo, potete capire il tenore di questo libro.
Trafelato, arrivò nelle sue stanze e ordinò che gli venisse preparato un bagno freddo. Doveva purificarsi. Strofinò e raschiò sino a rendere candida la pelle, poi si immerse meditando sul da farsi. Avrebbe tenuto le lame senza utilizzarle? Se fosse scoppiata una guerra, le avrebbe portate in battaglia? E se fossero state danneggiate? Se non ci fossero state altre battaglie? Le avrebbe donate ai figli? Asciugatosi, si vestì di abiti leggeri e frugali di colore bianco come il lutto che avrebbe voluto portare per l’amico. Le spade giacevano davanti a lui. Posate su un morbido panno, attendevano che si prendesse cura di loro. Erano gli artigli del demone, erano il cuore e la mente di Hakashinjitsu, erano tutto ciò che rimaneva di lui. Si inchinò con tutta l’umiltà di cui era capace, poi osservò i vari attrezzi a disposizione. Le lame erano state tolte dal koshirae, la montatura utilizzata per portare la spada sulla persona. I manici, tsuka, in legno ma ricoperto di pelle di razza, samegawa, e di una robusta nastratura per facilitare la presa, tsukamaki, erano ordinatamente posati di lato e i codoli, nakago, cioè le parti di lama all’interno delle impugnature, facevano bella mostra di sé alla fine delle lame lucenti
Katana
La
katana (刀), italianizzato
catana, è una spada giapponese corrispondente ad una scimitarra o sciabola ma con impugnatura a due mani.
Anche se molti giapponesi usano questa parola per indicare genericamente una spada (ken), il termine
katana si riferisce più specificamente ad un’arma bianca a lama curva e a taglio singolo, di lunghezza superiore a 2 shaku (più di 60 centimetri), usata dai samurai.
Nonostante permettesse di stoccare efficacemente, la katana veniva usata principalmente per colpire con fendenti, impugnata principalmente a due mani
Esaminò lo stato delle lance, si soffermò su un paio di elmi leggeri da fanteria, semplice stoffa con placche di metallo. Le alabarde, le naginata, fieramente impettite, sembravano tanti lunghi artigli pronti a scattare a un suo semplice comando. Annuì soddisfatto. Solide rastrelliere mantenevano tutto in perfetto ordine e l’efficienza con cui si teneva pulito era encomiabile. In tutta la stanza si respirava la presenza del defunto Hakashinjitsu. Quanti anni passati a insegnare, a insistere, affinché i giovani guerrieri prendessero coscienza dell’importanza della manutenzione non solo delle proprie, ma di tutte le armi!
Naginata
Il
naginata (なぎなた-薙刀) è un’arma instata giapponese costituita da una lunga lama ricurva monofilare, più larga verso l’estremità, inastata grazie ad un lungo codolo su un’impugnatura di lunghezza variabile ma in genere più breve rispetto a quella della lancia in uso ai guerrieri (bushi) giapponesi, la yari. L’arma, per forma ed utilizzo, ricorda i “falcioni” del medioevo europeo.
Apparso nei campi di battaglia del Periodo Kamakura (1185-1333), di cui vi ha parlato precedentemente il blog
Piume di carta, durante l’Era Tokugawa il
naginata divenne un’arma desueta in battaglia ma continuò ad essere utilizzata per il combattimento individuale e per la difesa degli edifici o delle dimore private. Probabilmente per questo il suo uso si diffuse specialmente tra le donne della classe militare, le buke, vere amministratrici della casa
Cosa stava tentando di dirgli la spada? Un indizio? La mano che lo aveva inciso era diversa da quella del fabbro-sacerdote, saltava agli occhi. Qualcuno aveva scalfito il metallo in un secondo momento, ma chi? Altri non poteva essere che l’amico, dunque perché? Perché rischiare di rovinare una lama così bella per un capriccio? Lesse con attenzione e riconobbe il kanji del fiore di mandorlo. Senza farsi prendere dalla frenesia, pulì accuratamente la seconda spada e, sempre sul lato ura del nakago, trovò, accanto al segno del forgiatore, il simbolo di quel piccolo e bellissimo fiore. Ancora una volta il tratto dell’incisione era diverso da quello del fabbro. Nessun dubbio: non poteva essere stato che Hakashinjitsu.
Tachi
Il
tachi (太刀
tachi?) è una sciabola giapponese, usata prevalentemente in cavalleria, più curva e più lunga della katana utilizzata in fanteria.
Lo stile tachi venne abbandonato a favore della katana. I daitō (spade lunghe) che anticipano il periodo della katana hanno una lunghezza della lama di circa 78 cm, superiore a quella del katana che arriva a circa 70 cm.
Rispetto al modo tradizionale di indossare la katana, il tachi si aggancia all’obi (cintura) con il filo della lama rivolto verso il basso, in quanto doveva essere estratta comodamente da cavallo, mentre la katana, viene riposta nel fodero con il filo verso l’alto per non consumarlo.
Non mi resta che salutarvi e passare la palla al blog
Sempre pronta per partire che domani vi farà conoscere meglio l’autrice Linda Lercari con una bella intervista!
A presto e grazie per la vostra attenzione!
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