Trama
Una nave è in vista delle coste greche. A bordo, una donna cerca di distinguere il profilo del Peloponneso nella luce incerta del crepuscolo. È Elena di Troia, ricondotta in patria dal marito Menelao dopo la distruzione dell’orgogliosa città. Al vento e alle onde, lei affida la propria storia. E la sua voce racconta una verità diversa da quella che tutti conoscono: malinconica e vibrante, parla di una creatura assetata d’amore, piena di passione e sensualità, ma costretta a obbedire alla legge del padre-re e a sposare un uomo che non aveva scelto, né desiderava. Una decisione fatale, da cui nasceranno lutti e tragedie, perché Elena cercherà tra le braccia di altri quel che le è stato negato. Perdendo tutto, e finendo marchiata come “cagna”, sciagurata e traditrice. Sullo sfondo del mito e dei poemi omerici, Francesca Petrizzo spoglia la sua protagonista dell’alone leggendario, le dà carne e anima, creando una figura femminile che irrompe sulla pagina con la forza, la rabbia e la dolcezza di un personaggio autentico, archetipo di tutte le donne che nel tempo hanno opposto le ragioni del cuore a quelle del potere.
Recensione a cura di Sara Valentino
“ Guardati bene, imparati a memoria domattina sarà un’altra cosa non è il sesso, Elena. E’ questa corona che pesa, questa assenza che dilania. Quest’uomo con cui dividerai il letto, di cui hai tanta pietà che finirai per odiarlo. Come non detto, Elena. Non respirerai mai più i fumi dell’alloro, l’hai promesso ma è troppo affilata questa realtà per sopportarla un momento di più”
Elena di Sparta, Elena di Troia, Elena la bella nata da
Leda e Tindaro. Una leggenda narra però, che lei e il fratello Polluce siano in realtà figli di
Zeus, il quale si era congiunto a Leda sotto forma di cigno.
Già dalla giovane età, la bella Elena subisce gli affronti della gelosia di
Clitennestra sua sorella, e per il resto degli anni in cui visse, e fino al giorno d’oggi ancora, essa porta il peso della sua bellezza e il gravoso fardello di aver contribuito a portare Sparta e Troia alla guerra e di conseguenza colpevole dei morti e della distruzione.
In questo romanzo
Francesca Petrizzo rende la parola alla
Splendente (soprannome che deriva dal significato del nome Elena) perchè possa riscattarsi, perchè possa raccontare e raccontarsi, perchè il soprannome,
“cagna”, forse le fu affibbiato ingiustamente.
Non conoscendo io la storia come ci perviene da Omero, non posso fare raffronti sulla trama, posso osservare però che il personaggio di
Ettore, per come lo conosciamo, è stato leggermente modificato, forse per esigenze dovute alla parte romanzata; è un romanzo che si beve d’un fiato, ma che si legge per avere il punto di vista di Elena, di una Elena soggettivamente descritta dall’autrice.
Una nave che al largo fa vela verso il Peloponneso, un re che si è ripreso la sua sposa, una donna che racconta al mare color piombo, al ferro liquido che la separa da Troia, dai morti lasciati sul campo, da un amore che l’ha abbandonata troppo presto, la sua verità.
Inizia così il romanzo, partendo dalla fine.
Noi veniamo inesorabilmente trascinati a Sparta, quando ancora fanciulla Elena viene rapita da
Teseo; le sue notti saranno per lungo tempo popolate da questo incubo, fino a sbiadire pian piano.
“…ma dov’era il mio fantasma in quella sera che diventava notte senza rumore?”
Elena cerca l’amore, cerca la passione e la cerca ovunque perchè lei stessa è fuoco liquido e non può accontentarsi di un uomo qualsiasi, non può amare un marito che non ha scelto, come Menelao che
la spegne sino a renderla il fantasma di se stessa.
“In questo tempo che non passa ma che ci lascerà indietro aspettammo l’alba insieme ma in quella notte e in quella luce c’era troppa crudele bellezza per chiudere gli occhi. Avrei potuto, avrei dovuto fermarmi lì, ma intanto oltre l’orlo tagliente del mondo, la luna tramontava”
Elena, si può amare e odiare, si può essere con o contro di lei, perchè non si è sottomessa agli obblighi, perchè ha cercato sempre la passione, perchè in fondo probabilmente è un’incompresa e incarna tante di noi, combattute tra obblighi e doveri, tra libertà e felicità.
I miti sono allegorie del presente, quante volte nella nostra vita abbiamo sentito una stretta alla gola, una mano che stringe fino a farci mancare il respiro per una vita noiosa, una routine che a volte ci va troppo stretta?
Credo che forse tutte noi siamo state un po’ Elena.
“La noia che consuma senza bruciare, senza fare male, che chiude dentro gabbie senza sbarre e senza pareti, che rode la sostanza dei giorni e la consuma senza che ce ne accorgiamo, prima che sia troppo tardi”
Un romanzo potente, tagliente e affilato queste sono le caratteristiche dello stile narrativo dell’autrice che riesce con queste parole così semplici, ma forti, a descrivere una nuova nascita:
”il segno trascurabile di questa tacita vittoria in una guerra senza testimoni”.
Non ho potuto, nè voluto, perchè vorrei che lo leggeste, condividere con voi altre citazioni, ma vi assicuro che ci sono periodi poetici, di un’intensità ineguagliabile.
“Memorie di una cagna”, un titolo forte e pungente, la stessa forza ci rapisce quando lo si apre; salpiamo e navighiamo tra le tempeste, la guerra, l’amore, l’odio, la delusione, la rinuncia e con la stessa potenza, voltata l’ultima pagina, si vorrebbe poter tornare indietro a rivedere i volti, a sentire le parole di tutti i personaggi di questa bella, ma triste, storia che la
Petrizzo ha dipinto per noi.
“Non c’erano più decisioni da prendere, solo cammini da seguire e destini da compiere”
Copertina flessibile: 243 pagine
Editore: Frassinelli (16 febbraio 2010)
Collana: Narrativa
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8888320520
ISBN-13: 978-8888320526
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