Le rose di Cordova di Adriana Assini
Trama:
“Una regina non cammina scalza e se soffre non piange, né piega il capo, neppure quando ha torto”. Così parla Nura della sua sovrana. È lei, schiava moresca, a raccontare la drammatica vita di Juana I di Castiglia, terzogenita dei Re Cattolici, passata ingiustamente alla storia come la Pazza, per effetto di un sordido complotto destinato a strapparle la corona. Tra la Spagna e le Fiandre del XVI secolo, il ritratto forte di una donna anticonformista e ribelle che alle brame di potere antepone gli affetti e sbaglia tutte le sue mosse, amando, non riamata, quegli uomini della sua famiglia che, uno dopo l’altro, finiranno per tradirla.
Recensione a cura di Antonia Ercoli
Ho deciso di leggere questo libro nel momento stesso in cui l’ho visto per la prima volta, complice una segnalazione su Thriller Storici e Dintorni.
Ho sempre sentito una grandissima attrazione nei confronti di questa figura di donna, passata alla storia con il poco elegante appellativo di Giovanna la pazza, Juana la Loca, per dirlo nella sua lingua, così oltre alla storia che si legge sui manuali ho deciso che mi sarebbe piaciuto approfondire la sua conoscenza, per così dire, attraverso i libri, per cogliere qualche sfumatura in più. Sono arrivata a questo romanzo dopo aver letto la biografia di Edgarda Ferri, per completare l’idea che mi ero fatta di Giovanna, e devo dire che è stata una lettura piacevolissima ed interessante.
Le vicende del romanzo si aprono nel 1496 a Cordova, e a narrarle è Nura, figlia del primo ministro del regno arabo conquistato dai Re Cattolici, caduto ormai in disgrazia, schiava moresca della giovane Juana,che invece era la figlia di Isabel di Castiglia e Fernando di Aragona.
Già dalle prime battute si capisce che il rapporto tra le due ragazze è molto stretto, ma vive di alti a bassi: Nura mal sopporta la sua condizione di schiava, proprio lei che ha avuto un’infanzia dorata nel palazzo del padre, ma da un altro punto di vista è grata a Juana per averla scelta come ancella prediletta. D’altro canto Juana dimostra fin da subito un carattere piuttosto particolare: è una ribelle, non accetta le convenzioni di quella corte così austera, l’estremo fervore religioso dei genitori la infastidisce, e allo stesso modo non riesce a tollerare l’adulterio all’interno del matrimonio, vede la madre soffrire in silenzio per i continui tradimenti del padre ma non riesce a rassegnarsi al fatto che sia una consuetudine nei matrimoni reali, del resto molte unioni si basavano su strategie politiche non di certo sull’amore.
Il tormento interiore di questa donna ha un nome: Philippe, figlio di Massimiliano I d’Asburgo e Marie di Borgogna, suo promesso sposo. Probabilmente il fatto che lui venisse definito come un uomo molto bello e ambito e lei fosse una fanciulla piuttosto scialba ebbe un peso notevole sull’autostima di Juana, e un grosso impulso anche alla sua indole gelosa. Non tollerava che Philippe non fosse soltanto suo, questa frustrazione dettata dalla gelosia spesso sfociava in delle crisi di cieca rabbia e violenza che rivolgeva contro di sé, che facevano dubitare la corte della sanità mentale di questa donna. Quando gli interessi in ballo sono molti è fin troppo facile approfittarsi di una persona dal carattere instabile ed impetuoso, e da qui nasce l’idea di una donna malata di mente, inadatta per il trono.
“Philippe mi vuole morta. A mio padre basta ch’io sia matta.”
Devo dire che ho apprezzato molto questo romanzo, uno degli aspetti che mi ha maggiormente colpito è stata la caratterizzazione dei personaggi: Juana e Nura, che sono le protagoniste del romanzo, hanno una caratterizzazione molto particolareggiata, ci sembra quasi di conoscerle davvero, allo stesso modo i loro occhi ci descrivono benissimo le differenze tra l’austera corte spagnola e quella fiamminga, i modi sicuramente poco regali di Philippe, gli intrighi di corte e gli scatti di violenza di Juana, ma anche il dolore, la malinconia, la rabbia, che l’autrice tratteggia con uno stile sempre molto raffinato. Anche se l’amore cieco e distruttivo di Juana nei confronti di Philippe rappresenta un nodo cruciale del romanzo, credo che il vero punto centrale sia dato dalla fortissima personalità di una donna, che, pur essendo ritenuta pazza, ragiona con estrema lucidità quando si tratta di ragion di stato, e capisce benissimo che il suo ingresso nella rocca di Tordesillas rappresenta per lei la fine dei giochi.
“Donne innocenti, estranee a qualsiasi delitto, ma ostacolo agli uomini che dovrebbero proteggere.”
Una cosa che ho apprezzato molto di questo romanzo, è stata la scelta dell’autrice di lasciare tutti i nomi propri dei personaggi in lingua originale. Secondo me questo piccolo particolare ci permette di entrare nella mentalità dell’epoca, specialmente in questo periodo storico ricco di incroci matrimoniali tra potenze straniere in cui non era insolito avere come sovrano uno straniero che non parlava e non capiva neanche una parola della lingua che si parlava nel regno su cui governava.
Infine, per chi come me si fosse chiesto “ma Giovanna era pazza veramente oppure era una condizione di comodo dichiarata dai nemici per soffiarle il trono?” Mi sono documentata. Secondo alcuni studi recenti la pazzia di Giovanna era reale, si trattava probabilmente di una sindrome schizoaffettiva, che univa i sintomi tipici della schizofrenia a quelli della depressione e della mania, probabilmente la nonna materna soffriva dello stesso tipo di disturbo e non essendoci farmaci all’epoca l’unica “cura”, se così vogliamo chiamarla, era la reclusione, come per Giovanna, per la quale la libertà finisce all’età di soli 27 anni.
Quindi non mi resta che consigliarvi questo libro, vi assicuro che per chi ama il genere sarà veramente bellissimo immergersi nella storia di Nura e Juana, nei loro dolci ricordi delle rose di Cordova.
Copertina flessibile: 208 pagine
Editore: Scrittura & Scritture; terza edizione (1 aprile 2015)
Collana: Voci
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8889682760
ISBN-13: 978-8889682760
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