A cura di Paola Milli
Aldo Manuzio nacque a Bassiano, un piccolo borgo della campagna laziale nel ducato di Sermoneta, intorno al 1450.
Tra il 1467 e il 1475 compì studi umanistici a Roma, dove frequentò le lezioni di Domizio Calderini, vicino al cardinale Bessarione, tra i primi a intuire le potenzialità della stampa, proprio negli anni in cui Pannartz e Sweynheym avevano avviato la prima tipografia in Italia.
Dopo il 1475 Manuzio si trasferì a Ferrara dove fu allievo di Battista Guarini e studiò il greco. Qui egli comprese l’importanza di un sapere enciclopedico fondato sulla tradizione classica e la fede cristiana.
In seguito si spostò a Carpi dove, nel 1480, ottenne la cittadinanza e l’incarico di tutore dei principi Alberto e Lionello Pio, forse su indicazione di Giovanni Pico della Mirandola, zio dei due principi, che doveva averlo conosciuto a Ferrara. Negli stessi anni ebbe come allievo il futuro poeta e letterato Ercole Strozzi.
Il trasferimento a Venezia avvenne tra 1489 e 1490. La tradizione vuole che vi fosse giunto attratto da una città in cui vivevano molti esuli greci, con biblioteche ben fornite di codici, tra cui spiccava la collezione che il cardinale Bessarione aveva lasciato alla Repubblica nel 1468 per la costituzione di una biblioteca pubblica.
A Venezia Manuzio proseguì la sua attività di insegnante e maturò il suo progetto editoriale per mezzo del quale voleva preservare dall’oblio e diffondere la filosofia greca e la letteratura greca e latina, recuperando e riproponendo i classici in edizioni stampate.
Nel 1502, grazie ai numerosi rapporti con intellettuali e studiosi, Manuzio fondò l’Accademia Aldina, dedita allo studio dei classici greci. Tra i membri di questa istituzione vi furono Erasmo da Rotterdam e Pietro Bembo. L’Accademia, che prendeva il nome dal classico carattere corsivo che Aldo per primo utilizzò nelle sue edizioni a stampa, aveva anche lo scopo di accogliere i letterati scappati da Bisanzio e rifugiatisi a Venezia.
Probabilmente egli si era avvicinato all’arte della stampa quando la tecnica era stata introdotta in Italia, inizialmente a Subiaco nel 1465 e poi a Roma nel 1467.
Dopo un apprendistato nella tipografia di Andrea Torresani – del quale sposò la figlia Maria ed al quale si associò nel 1508 – Manuzio cominciò la sua attività di tipografo nel 1494, ed in circa tre anni pubblicò l’opera completa di Aristotele in cinque volumi. Seguirono quelle di Tucidide, Aristofane, Erodoto, Sofocle, Euripide, Senofonte, Demostene e Platone. Dopo il 1500 iniziò a dare alle stampe anche testi classici latini ed italiani di dimensioni ridotte, in cui per la prima volta era utilizzato il carattere corsivo, simile alle lettere dei manoscritti greci dai quali erano copiati i libri a stampa.
Una delle pubblicazioni di maggior successo fu, nel 1499, la Hypnerotomachia Poliphili, “La battaglia amorosa di Polifilo in sogno”: un romanzo allegorico scritto in volgare dal frate domenicano Francesco Colonna, che narra le avventure amorose del giovane Polifilo alla ricerca dell’amata Polia. L’edizione si discostava dalle opere stampate finora da Manuzio ma, corredata da splendide xilografie, divenne un capolavoro della tipografia.
Nel 1501 Manuzio pubblicò l’opera di Virgilio, usando ancora il carattere corsivo, ma introducendo un nuovo formato di stampa: il volume fu infatti stampato “in ottavo”, un formato molto ridotto in confronto ai grandi volumi stampati “in folio”, che risultavano ingombranti e poco pratici da sfogliare.
In questa maniera, per la prima volta il libro divenne leggero, maneggevole e facilmente trasportabile. Manuzio fu così l’inventore delle edizioni tascabili. Le opere da lui pubblicate costituirono una sorta di summa enciclopedica del sapere umanistico.
Ben presto i volumi che uscivano dalla stamperia veneziana iniziarono ad essere chiamati Aldine, nome che rappresentò un nuovo tipo di libro a stampa.
Manuzio impiegò per primo quella che diverrà la definitiva sistemazione della punteggiatura: il punto, la virgola, il punto e virgola, l’accento e l’apostrofo vennero usati per la prima volta nella forma odierna. Per primo editò il libro con la numerazione delle pagine su entrambi i lati, fronte e retro, e fu anche il primo a pubblicare il catalogo delle proprie edizioni che arrivò a comprendere, in totale, oltre 130 opere.
Le Aldine, come anche tutti gli altri prodotti tipografici di Manuzio, erano contraddistinte da un marchio, ripreso da un’immagine incisa su un’antica moneta romana, rappresentato da un’ancora con un delfino; l’ancora indicava la solidità, il delfino la velocità e la rapidità. I due simboli riconducevano a quello che era il motto usato da Manuzio: “festina lente”, ovvero “affrettati con calma”, cioè “pensa bene, ma poi agisci”.
Dopo la sua morte avvenuta il 5 febbraio del 1515, la tipografia continuò ad essere condotta dal suocero, dai cognati e dai figli.