“Prima tappa Mantova. In quella città c’era una marchesa intelligente, colta, amica e amante delle arti, ammiratrice di Leonardo…”
Tra le tante opere di Leonardo da Vinci menzionate da Nardini in questo libro, compare il ritratto di Isabella D’Este (1474-1539) (Figura 1), moglie di Francesco II Gonzaga. Grande estimatrice di Leonardo e nobildonna letterata, durante il suo viaggio a Milano nel 1498, vide il dipinto di Cecilia Gallerani“La Dama con l’Ermellino” (su cui ho scritto nel precedente articolo in “Arti nella Storia”: parte 2° – articolo n. 3) e ne rimase talmente affascinata da voler essere ritratta allo stesso modo.
In seguito alla caduta di Ludovico il Moro del ducato di Milano, conseguentemente all’invasione del sovrano francese Luigi XII, Leonardo fu costretto ad allontanarsi dalla città e a dirigersi a Mantova presso la corte di Isabella D’Este. L’artista eseguì per lei due ritratti, dei quali uno è stato smarrito e l’altro conservato al Louvre. Il disegno preparatorio raffigura il volto in profilo di Isabella (simile al ritratto di una medaglia), con il busto situato di tre quarti dietro un parapetto e con le mani incrociate. Il ritratto, pur rimanendo allo stato di cartone preparatorio, è stato interpretato da molti studiosi come un’anticipazione alla “Gioconda”, soprattutto per il modo in cui le mani s’incrociano l’una sull’altra. Il disegno è tracciato a carboncino, gessetto nero e pastello giallo su carta, i lineamenti del volto sono modellati da un chiaroscuro. Lungo le linee che tratteggiano la veste, sono visibili dei forellini, creati allo scopo di lasciar filtrare sulla tavola, la polvere di carbone che avrebbe costituito la traccia di base del dipinto. Trattandosi pertanto di un disegno preparatorio, Leonardo avrebbe dovuto trasferirlo su tavola ma sfortunatamente non lo terminerà mai. Un’ipotesi sull’incompiutezza del ritratto da parte di Leonardo, potrebbe essere l’incarico affidatogli dalla Serenissima, in veste di consulente militare, giacché egli aveva anche competenze nel campo dell’ingegneria bellica.
L’impostazione della figura, cosi marcatamente di profilo, fa supporre che Isabella fosse desiderosa di possedere un’opera dal carattere più maestoso e aulico rispetto ai precedenti ritratti di Leonardo, come poteva essere “La Dama con l’ermellino”.
Secondo le fonti, pare che la duchessa non amasse posare per i ritratti, pertanto quello eseguito da Leonardo derivava da un modello araldico, una medaglia del 1498 eseguita dallo scultore, architetto, orefice Gian Cristoforo Romano (1470 ca-1512) (Figura 2). Le Medaglie erano in genere commissionate da sovrani del Rinascimento, come segno di onore e rispetto. I tratti sul dritto della medaglia sono molto simili al ritratto di Leonardo da Vinci eseguito per Isabella. Sul retro una figura alata tiene un ramo di palma nella mano sinistra e un bastone e una bacchetta alla sua destra, mentre un serpente si solleva innanzi a lei.
A differenza di altre opere artistiche di Leonardo, molto più coinvolgenti dal punto di vista emotivo, ho preferito illustrare il ritratto incompiuto di Isabella D’Este, in quanto solitamente viene dato risalto ad altri dipinti molto più noti dei quali nei siti web le informazioni abbondano enormemente.
“San Giovanni Battista” (1508-1513) di Leonardo da Vinci: il Santo dallo sguardo magnetico
Racconta ancora Nardini:
“…non sapevano che Leonardo aveva portato avanti il suo Battista durante il progredire del male: soltanto il Melzi, che non riusciva ancora a staccare gli occhi dal quadro, sapeva che il maestro lo aveva dipinto quasi tutto con la sinistra. Era stata “l’inimitabile mancina” a far scendere giù, quasi venisse dal cielo, il segno luminoso di una croce, come un simbolo di speranza”.
Vi invito, prima di leggere questa breve descrizione, a soffermarvi un momento nell’osservare attentamente l’immagine del dipinto (Figura 3). Dunque, quali sono le vostre impressioni?
Da parte mia vi rivelo che, la prima volta che lo ammirai, mi sentii talmente trascinata dallo sguardo ammaliatore e penetrante del Santo da esserne molto coinvolta emotivamente.
In questo suo ultimo dipinto, conservato al Louvre, Leonardo ha ottenuto la perfezione assoluta nel riuscire a catturare l’attenzione dello spettatore mediante una rappresentazione talmente affascinante e meditativa, quasi da rimanerne ipnotizzato. Anche Pablo Picasso fu attratto da questo dipinto sostenendo “Da Vinci promette il Paradiso: guardate quel dito levato.”
Il Santo è rappresentato con lunghi capelli ricci, il corpo a mezzo busto, leggermente ruotato a sinistra e con lo sguardo rivolto verso lo spettatore. La figura sorge dall’oscurità dello sfondo, avvolta da una luce divina e con il braccio destro rivolto in alto, ad annunciare la venuta di Gesù Cristo; nella mano sinistra tiene un bastone a forma di croce ed indossa una pelle di lince (si sono compiuti vari studi in merito alla pelle dell’animale: in un primo momento gli studiosi sostennero si trattasse di cammello, in seguito venne attribuita a quella di leopardo, in quanto, da ulteriori analisi emersero delle macchie. Infine le ultime ricerche hanno accertato che si tratta di pelle di lince).
L’espressione sensuale e languida rende la figura di aspetto ambiguo, con sembianze femminili, probabilmente riconducibili al voto di nazireato, per il quale, il Santo non poteva bere vino, avere rapporti sessuali e doveva farsi crescere i capelli lunghi come simbolo di castità.
Il pittore in quest’opera affinò la tecnica dello sfumato mediante velature di pittura ad olio ottenendo delle morbide ombreggiature e valorizzando la plasticità della figura.
Leonardo da Vinci, tra i suoi numerosi capolavori, scrisse anche un “libro di pittura” (Figura 4) dove annotava le sue teorie, che si riferiscono alla tecnica pittorica rilevando l’importanza di far convergere la pratica con la teoria sostenendo “Studia prima la scienza e poi seguita la pratica nata da essa scienza” (II, 54), e ancora “Quelli che s’inamorano di pratica senza scienza, sono come li nocchieri ch’entran in naviglio sanza timone o bussola, che mai hanno certezza dove si vadano. Sempre la pratica debb’esser edificata sopra la bona teorica” (II, 80). Ebbene per Leonardo l’esperienza è il nucleo della conoscenza definendo la pittura, una scienza naturale, una “seconda natura”.
Termino quest’ ultimo articolo attinente alla biografia di Bruno Nardini “Vita di Leonardo” con una citazione tratta dal manuale “La letteratura artistica. Manuale delle fonti della storia dell’arte moderna” dello storico dell’arte austriaco Julius Schlosser (1866-1938):
“La pittura è dunque per lui l’arte consistente nell’imitazione che non è però meccanica, ma intima spirituale, elaborazione del modello naturale”.Commento finale alla biografia “Vita di Leonardo” di Bruno Nardini.
Ho intitolato questi piccoli articoli: “Vita di Leonardo di Bruno Nardini, una biografia che si legge come un romanzo…” in quanto ritengo il libro un’appassionante biografia romanzata, storicamente attendibile, di piacevole lettura e di immediata comprensione. Il racconto è ricco di aneddoti e citazioni concernenti la vita di Leonardo, molte curiosità relative non solo alla sua carriera come pittore, ma anche attinenti al genio poliedrico quale egli era. Interessante, sia per chi è appassionato di storia, che di storia dell’arte, sebbene le opere artistiche citate non siano molto approfondite può diventare una valida occasione di ricerca per chi lo legge.
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