A cura di Manuela Moschin
Jean Auguste Dominique Ingres un pittore neoclassico che ritrae Leonardo morente (1818)
Iniziamo questo itinerario all’insegna della storia dell’arte, con uno degli artisti più influenti del Rinascimento: Leonardo da Vinci. Tanto si è scritto a suo riguardo, libri, riviste, cataloghi e siti web sono permeati dalle notizie attinenti alle sue estasianti opere. Anche Bruno Nardini ne fa un’esposizione molto interessante. L’autore, intessendo eventi storici e biografici, dona una sintesi della vita del pittore molto suggestiva.
Nardini inizia descrivendo gli ultimi anni di vita dell’artista, quando risiedeva in Francia nel castello di Cloux (oggi Clos Lucè) di proprietà del re Francesco I, che nominò Leonardo come “primo pittore, architetto e ingegnere del re”.
Il re e il pittore furono legati da una profonda amicizia; il sovrano infatti, totalmente affascinato dalle sue incredibili doti, ne amava la compagnia e trascorreva molto tempo con lui.
A tal proposito l’autore Nardini cita: “E’ il 2 maggio dell’anno 1519. Un disegno di Ingres illustra il momento cruciale di questa leggenda. Perché la morte di Leonardo da Vinci tra le braccia di Francesco I, re di Francia, come l’ha diligentemente descritta il Vasari, è leggenda”.
Fu Jean Auguste Dominique Ingres (1780-1867) pittore francese, esponente della pittura neoclassica, che immortalò gli ultimi istanti di vita dell’artista, rappresentando Leonardo tra le braccia del re Francesco I. Il quadro, commissionato dal conte de Blacas, l’ambasciatore francese a Roma,attualmente si trova al Petit Palais di Parigi.
Nel dipinto (Figura 1), realizzato nel 1818, viene raffigurato il sacerdote che benedice l’artista, l’allievo Melzi e altri personaggi di corte, disposti secondo un’ambientazione fedele alla realtà.
Sembra che, per quest’opera, Ingres si sia ispirato ad un dipinto di Francois Guillame Ménageot (Figura 2) “La Morte di Leonardo Da Vinci” (di grandi dimensioni 280 cm x 357 cm) realizzato nel 1781 su richiesta del re Luigi XVI. L’opera solitamente collocata nel Museo di Amboise è stata nel 2016 restaurata presso l’atelier di Pauline Hélou de la Grandière, a Parigi.
Leggenda o realtà?
Si dice che, la presenza del re negli ultimi attimi di vita dell’artista, testimoniata dal Vasari nel suo trattato “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori” (la prima delle due edizioni risale al 1550), sia solamente una leggenda e che, l’autore dello scritto, abbia creato questa finzione per sottolineare la stima che il re aveva per il suo pittore prediletto. Secondo alcuni critici, infatti pare che il sovrano, in quello stesso istante si fosse recato dalla consorte per la nascita del suo secondo genito.
Vasari scrisse:
“Sopragiunse lì il re, che spesso et amorevolmente lo soleva visitare; per il che egli per riverenza rizzatosi a sedere sul letto, contando il mal suo e gli accidenti di quello, mostrava tuttavia quanto avea offeso Dio e gli uomini del mondo non avendo operato nell’arte come si conveniva. Onde gli venne un parosismo messaggiero della morte; per la qual cosa rizzatosi il re e presoli la testa per aiutarlo e porgerli favore acciò che il male lo allegerisse, lo spirito suo, che divinissimo era, conoscendo non potere avere maggiore onore, spirò in braccio a quel re, nella età sua d’anni 75”.
La Congiura dei Pazzi e l’impiccato Bernardo Bandini Baroncelli ritratto da Leonardo da Vinci.
La Congiura dei Pazzi, che si concluse il 26 aprile 1478, fu una cospirazione pianificata dalla famiglia di banchieri fiorentini de’ Pazzi avente lo scopo di reprimere l’egemonia dei Medici tramite l’appoggio del papato, della Repubblica di Siena e del Regno di Napoli. Essa causò l’uccisione di Giuliano de’ Medici e il ferimento di Lorenzo il Magnifico. Uno dei Pazzi fu Bernardo Bandini Baroncelli, il quale inizialmente, riuscì a fuggire a Costantinopoli, ma venne scoperto, consegnato a Firenze e giustiziato il 29 dicembre 1479.
Leonardo da Vinci, in quell’occasione, disegnò l’impiccato Bandini (Figura 3); Lorenzo di Credi, amico di Leonardo, anch’egli allievo del Verrocchio, quando vide il macabro disegno, ne rimase impressionato. Nardini racconta che, Leonardo in quella circostanza rispose: “Il pittore è un osservatore della natura; e c’è la natura esterna, che è il mondo con le sue pietre, le piante e gli animali, e c’è una natura più segreta, che è quella dell’uomo”.