Articolo a cura di Marco De Luca
Bello, elegante, a tratti malinconico: Emilio di Roccabruna, Signore di Ventimiglia, non è un feroce pirata avido d’oro come quelli che abbiamo imparato a immaginare da bambini, il Corsaro Nero non vuole impadronirsi delle ricchezze degli spagnoli, lui è figlio di un forte senso del dovere che, unito al sentimento di vendetta che lo accompagnerà per tutto il romanzo, lo colloca in una posizione quasi leggendaria, un eroe travestito d’antieroe, un uomo che non può non far fede al suo giuramento.
“L’ho giurato sul mare, su Dio e sull’inferno”.
Il cuore della narrazione è l’avventura, che inizia quando il Corsaro Nero ripesca due pirati, il biscaglino Carmaux e l’amburghese Wan Stiller, che lo informano della morte del fratello -Il Corsaro Rosso- per mano del governatore di Maracaibo, il fiammingo Wan Guld, vero stereotipo del cattivo. Il Corsaro Rosso ha avuto lo stesso destino degli altri due fratelli del protagonista e la notizia non può che amplificare il sentimento di vendetta che anima il Signore di Ventimiglia e che lo porta in compagnia di questi due pirati, nell’impresa di recuperare il corpo del fratello, che a dire dei due ripescati, rimarrà appeso per tre giorni in piazza. Il Signore di Ventimiglia non vuole solo vendetta, vuole donare al fratello una degna sepoltura.
Ci troviamo a Maracaibo, città leggendaria descritta e colorata alla perfezione da un autore che, ironia della sorte, non ha mai viaggiato se non al massimo fino a Brindisi.
Sbarcato dalla Folgore, il trio cattura una guardia e dopo aver ingaggiato Moko, un colosso africano, riesce a recuperare il corpo del Corsaro Rosso. Si combatte, si uccide e si rapisce, ma Salgari in tutto il romanzo è attento a mantenere un registro che non trasudi odio o violenza gratuita, sembra quasi che cerchi di tenere il lettore concentrato sul “nobile” sentimento di vendetta e di rivalsa verso colui che incarna il male in tutte le sue forme.
Io mi batto, non ucciso a tradimento, perché sono un gentiluomo. Un duello fra me e lui sì non è un assassinio
Salgari, anche in questo libro, si schiera dalla parte dei più deboli e dei fuorilegge, contro i poteri costituiti. La Spagna, invasore e prepotente, viene sfidata ma sempre seguendo il principio che fa dei protagonisti, nel bene e nel male, degli amministratori di giustizia. È forse questo il motivo per il quale Ernesto Che Guevara amava i suoi romanzi.
Recuperato il corpo del fratello, sulla via acquea del ritorno verso la Tortue, c’è la svolta del romanzo. Il Corsaro Nero, che durante la cerimonia funebre organizzata a bordo della Folgore ha giurato nuovamente che sterminerà tutta la famiglia del fiammingo, incontra in modo del tutto imprevedibile l’amore. Al termine di una battaglia ben descritta tra la Folgore e un vascello di linea, i filibustieri fanno prigioniera una bionda fanciulla che si chiama Honorata Willerman, duchessa di Weltrendrem. Tra il Corsaro Nero e la prigioniera nascerà un amore , un amore che si scoprirà essere colorato dalla tragedia.
Unendo il sentimento di vendetta e l’amore gentile che dimostra essere parte assestante dell’animo del Corsaro Nero, Salgari traccia un personaggio unico, capace di raggruppare in sé tutta la forza e la debolezza dell’essere umano.
Prima dell’arrivo della Folgore alla Tortue, l’autore interrompe il racconto inserendo un capitolo “didattico”, parentesi storica con la quale spiega al lettore cosa siano la filibusteria e la bucaneria oltre a citare le imprese di grandi filibustieri realmente esistiti.
Riprende la narrazione con la caccia al governatore di Maracaibo, operazione durante la quale il Signore di Roccabruna si avvale di un personaggio storico realmente esistito, François l’Olonese che lui chiamerà Pietro Nau l’Olonese. Accettata la proposta di conquistare il forte di Maracaibo e di saccheggiare l’intera città, i filibustieri partono per l’impresa. Prima di giungere a Maracaibo però il Corsaro Nero racconta alla donna che gli ha rapito il cuore la sua storia: dieci anni prima lui e i suoi tre fratelli arruolati nell’esercito francese e impegnati nella guerra franco-spagnola, vennero traditi da un duca fiammingo, Wan Guld, che in cambio di protezione e del governatorato a Maracaibo tradisce i compagni uccidendo il fratello maggiore di Emilio. Lui e i fratelli superstiti diventano dunque il Corsaro Nero, Rosso e Verde e inseguono Wan Guld nei Caraibi per ucciderlo, sterminarne la famiglia e vendicare la morte del fratello.
Prima che la donna possa replicare la Folgore arriva a Maracaibo ma Wan Guld è già fuggito. Partirà un inseguimento sfrenato che porterà il Corsaro Nero e i suoi fidati filibustieri a essere catturati. Quando tutto sembra però perduto, un altro colpo di scena viene sapientemente lanciato da Salgari: sulla nave dove viene catturato Emilio viaggia il Conte di Lerma, vecchia conoscenza del Corsaro. Il Conte, grato al Corsaro Nero per avergli una volta risparmiato la vita, ricambia la cortesia e lo aiuta a fuggire. Anche qui Salgari sottolinea il tema del coraggio, dell’onore e della lealtà rendendo i suoi personaggi più umani di quello che potrebbe immaginare il lettore.
Quando tutto si avvia verso un lieto fine, cosa che effettivamente manca in questo romanzo, il Signore di Roccabruna scopre che Honorata è la figlia di Wan Guld e viene assalito da un’orribile scelta: mantenere il giuramento o far trionfare il sentimento che prova per la donna? Benché avesse giurato di sterminarne l’intera famiglia, il senso dell’onore e l’amore per la giovane donna lo fanno in parte venir meno alla sua missione. Quell’uomo descritto come un fiero e coraggioso, fra i più valorosi della Tortue, non ha la forza di uccidere la fanciulla amata ma, profondamente addolorato, l’abbandona in mare su di una piccola scialuppa.
Il romanzo si chiude con il Corsaro Nero che, tra i gemiti del vento e il fragore delle onde si libera in un pianto.
Guarda lassù: il Corsaro nero piange!
Descrizioni semplice, mai ripetitive, per molti l’opera di Salgari non può essere però considerato un vero e proprio romanzo storico. L’ambientazione non segue un vero rigore, a volte l’autore si lancia in descrizioni fantasiose ma, considerato il periodo storico e le conoscenze dell’epoca, non c’è nulla da dire. Posso solo immaginare quante sigarette e quanti bicchieri di marsala sono stati consumati da Salgari durante le ricerche su enciclopedie e riviste dell’epoca.
Ho apprezzato di questo romanzo lo stile inconfondibile, che forse oggi sarebbe criticato per l’uso eccessivo di aggettivi e di similitudini, e mi pento di averlo conosciuto in tarda età.
A mio avviso il Corsaro Nero rappresenta una pietra miliare dei romanzi d’avventura e una lettura essenziale per tutti coloro che vogliano intraprendere la professione di “Scrittore”.
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