Recensione a cura di Roberto Orsi
Giuliano l’Apostata: probabilmente molti di voi hanno ricordi di questo imperatore Romano, reminiscenze di studi scolastici, ma quanti si sono dedicati a studi approfonditi su di lui? Sapevate che la tomba di Giuliano non è mai stata rinvenuta? Dopo la morte e la sepoltura a Tarso in Turchia, il corpo venne trafugato e spostato a Costantinopoli, l’odierna Istanbul.
Le tracce a quel punto si perdono nella documentazione storica. Ci sono ipotesi di trasferimento della salma a Venezia, ma nulla di accertato.
L’autore, Stefano Conti, studioso di storia ha un’innata passione per la figura di Giuliano da molti anni. Dopo più di vent’anni di studio e diversi saggi pubblicati su questo imperatore, ha deciso di proporsi con questo thriller archeologico per avvicinare il pubblico a questo personaggio tanto affascinante quanto enigmatico.
Quale migliore situazione dalla quale partire per scrivere uno dei libri che tanto amiamo, se non una tomba mai ritrovata? Un luogo di sepoltura che rimane un mistero nei secoli e ancora oggi alimenta l’immaginazione di studiosi e ricercatori?
Il libro di Stefano Conti ci racconta proprio questa ricerca in cui il protagonista viene coinvolto, attraverso una serie di indizi celati tra opere d’arte e versi da decifrare contenuti in un misterioso grimorio.
Il protagonista appunto: Francesco Speri. Un impiegato di banca appassionato di storia, ex ricercatore universitario. Suo malgrado si trova invischiato in questa faccenda che non ha nulla di chiaro, a partire dalla morte del suo vecchio professore universitario il quale, solo pochi giorni prima, aveva annunciato di aver ritrovato la tomba di Giuliano in Turchia.
Francesco viene chiamato dall’Università per riportare in Italia la salma del professore ma qualcosa non lo convince e, una volta tornato a casa, non riesce ad abbandonare quella ricerca costata così caro all’illustre ricercatore.
L’autore ha un grande merito in questo libro: ci racconta vent’anni di studio su Giuliano, con una semplicità quasi disarmante. Ma attenzione! Quando parliamo di semplicità non dobbiamo confonderla con banalità.
I riferimenti paesaggistici (da Istanbul a Venezia, da Firenze a Roma) sono ben definiti, così come le opere d’arte menzionate e sapientemente descritte all’interno del romanzo.
E non solo opere d’arte: vi starete domandando, che ci fa la copertina del quarto album dei Led Zeppelin in una recensione di un thriller archeologico? Sapevate che i componenti del famoso gruppo rock dei Led Zeppelin erano appassionati di esoterismo?
Quando entrano in gioco delle organizzazioni esoteriche, con membri fanatici disposti a tutto per la propria causa e ci si rende conto che queste organizzazioni esistono davvero, il confine tra il reale e l’inventato diventa così labile al punto da sparire quasi totalmente.
Ecco dove sta la bravura di questo autore, ma è un discorso che vorrei generalizzare a tutti i bravi scrittori di questo genere: incuriosire. Il lettore deve sentirsi trasportato nel libro, affrontare le vicende e partecipare alla ricerca insieme al protagonista. Deve essere portato a fare egli stesso una ricerca, approfondire i concetti e gli indizi per proprio conto, quasi a voler scoprire la verità (se ne esiste una) prima che l’autore gliela mostri in modo cristallino.
Ancor meglio se il protagonista che accompagna il lettore è esattamente uno come lui. Un personaggio che per proseguire nelle ricerche e visitare una chiesa
o un sepolcro in giro per il mondo deve chiedere un giorno di ferie e ricordarsi di lasciare il gatto a casa dei genitori perché non sa quando potrà tornare.
Francesco spicca sul resto dei personaggi, con la giusta dose di ironia che lo contraddistingue e che non perde mai anche in situazioni più critiche.
La trama ha il giusto ritmo coinvolgente con un intrigo ben congegnato dall’autore. Il linguaggio è lineare e semplice, con i capitoli che dosano il giusto mix di descrizioni, azioni e dialoghi. Non ho trovato momenti di calo all’interno del libro.
Per uno studioso e scrittore di saggi non deve essere stato semplice calarsi nei panni del giallista/thrillerista, ma posso dire che Stefano Conti ci è riuscito pienamente.
Copertina flessibile: 254 pagine
Editore: Affinità Elettive Edizioni; 2 edizione (10 maggio 2017)
Collana: Varie
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8873263402
ISBN-13: 978-8873263401
Link d’acquisto: Io sono l’imperatore
Trama
Un segreto nascosto per secoli, luoghi intrisi di magia, una setta occulta: sono questi gli ingredienti di un “giallo archeologico” dal ritmo incalzante. Una prosa nitida e una narrazione leggera rendono la storia viva e appassionante. Un professore universitario annuncia di aver rinvenuto in Turchia ciò che molti hanno cercato invano: la tomba di Giuliano l’Apostata, l’imperatore filosofo. Ma il sepolcro è vuoto e l’archeologo viene trovato morto subito dopo la clamorosa scoperta. Il professore è stato ucciso? Chi ha trafugato i resti mortali di Giuliano? Dove sono finiti i gioielli sepolti con lui? Parte da qui il viaggio di Francesco Speri, un impiegato di banca con la passione per la storia romana, che si ritrova al centro di un mistero indecifrabile. Aiutato da Chiara, amante della storia dell’arte, e ostacolato dai seguaci di un’organizzazione pagana, Francesco indaga tra codici cifrati e siti antichi alla ricerca dell’Apostata. Ma niente è come sembra lungo la strada verso l’ultima dimora dell’imperatore pagano.