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Blog Tour “Il sigillo degli Acquaviva” – la medicina nel Medioevo

A cura di Sara Valentino

Siamo giunti alla quinta tappa di questo bellissimo Blog Tour de “Il Sigillo degli Acquaviva” di Ornella Albanese. Ringraziamo tutti i blogger che hanno aderito a questa iniziativa con grande entusiasmo e un grandissimo grazie va all’autrice che si è resa disponibilissima durante questo mese di preparazione delle tappe.

TSD presenta un articolo dedicato alla Medicina nel Medioevo.  Leggendo il Sigillo degli Acquaviva di Ornella Albanese (Leone Editore) non si può fare a meno di fermarsi a pensare alla medicina nel Medioevo, cos’era? Cosa rappresentava? I medici avevano una preparazione adeguata?

Nel medioevo non solo i medici avevano le conoscenze per curare i malanni ma anche e soprattutto i monaci che a volte avevano rimedi piu’ benefici rispetto a quelli dei medici. Nel romanzo possiamo vederlo attraverso le pagine dedicate al monaco Ademaro che aveva a sua disposizione una mensola colma di barattoli ed ampolle in cui soleva conservare le erbe mediche; sappiamo che i conventi ed i monasteri avevano un orto dove venivano coltivate le piante benefiche che poi venivano conservate nell’infermeria o erboristeria.

“Un’unica mensola ospitava una serie di barattoli colmi di erbe secche: Ademaro le usava per i suoi infusi che spesso lenivano il male molto piu’ dei rimedi del medico.”

Le tisane ad esempio , pur essendo di origini molto più antiche , è proprio nel medioevo che divengono via via più sofisticate da quelle semplicemente rilassanti , che vediamo nel romanzo preparare sempre da Ademaro ad Agnesia prima di coricarsi oppure l’infuso rilassante di biancospino che Altilia chiede per calmare l’ira ed i nervi, a quelle prettamente curative o semplicemente preventive; ecco che nel tardo Medioevo comparvero dei manualetti detti “regimina” che scritti in versi non erano altro che suggerimenti su come prevenire i malanni attraverso il riposo notturno, lo svuotamento delle viscere o dando semplici regole sul comportamento a tavola.

Il medico Zenobio al cospetto del povero Oberto degli Acquaviva cerca di portargli conforto ai crampi allo stomaco ed ai conati di vomito con infusi preparati allo scopo, ma la febbre veniva curata anche con tele di ragno apposte sul viso del malato e laddove la medicina tradizionale non sembrava dare conforto non restava che rivolgere preghiere ai santi o tentare riti semplici per carpire se l’esito della malattia potesse divenire funesto: si stendeva ad esempio il mantello del malato al suolo dinanzi al cane, se quest’ultimo arretrava si trattava indubbiamente di cattivo presagio.

“Viveva in un mondo diverso da quello reale e lui non aveva neppure cercato di avvicinarsi a lui e di conoscerlo meglio. La sua stranezza gli creava disagio. Ad ascoltare il medico Zenobio , tutto dipendeva dal suo temperamento solitario e malinconico che portava a uno squilibrio degli umori.

I malinconici , affermava il vecchio medico, sono soggetti alla pazzia proprio a causa di un eccesso di bile nera. Non esistevano cure dall’esito certo: il secco e il freddo , caratteristici della bile nera, dovevano essere curati con sostanze umide e calde, ma la sua lunga esperienza di medico non aveva annoverato neppure un singolo caso di guarigione”

Un rimedio che veniva utilizzato senza indugio era quello di apporre le sanguisughe sul petto del malato, ne troviamo i riferimenti anche all’interno del romanzo di Ornella Albanese ; alla base della medicina medioevale troviamo la teoria degli umori ed il disequilibrio di uno di questi provocava malanni , curiosamente i medici saggiavano o annusavano gli umori del malato prima di procedere solitamente con il salasso che eliminando la “materia peccante” ristabiliva , secondo loro, l’equilibrio.

Si alzò dalla seggiola facendo forza sui braccioli e avvertì una leggera vertigine. Doveva guarire, pensò, anche perché Zenobio aveva parlato della necessità di ricorrere a un salasso, se la situazione non fosse migliorata. E lui detestava quelle viscide bestie che si gonfiavano del suo sangue, le avrebbe volentieri schiacciate sotto il tacco dello stivale.”

Le erbe medicinali coltivate nel Medioevo, ad esempio la salvia, il rosmarino, la cicoria, la malva etc…, malgrado tutti i mutamenti storici e tecnologici, vengono utilizzate ancora oggi.

La medicina , cosidetta popolare che potrebbe essere sul confine con la stregoneria vede protagoniste le donne che da sempre si sono affidate alle erbe, creando decotti o infusi anche legati al parto, quindi per far crescere un bimbo forte e sano (come vediamo Muzza stessa nel romanzo in questione), quando ancora è all’interno del grembo materno ma anche per indurre aborti spontanei in caso di gravidanze non desiderate; molte volte erano accompagnati da riti propiziatori oppure semplicemente si riteneva che le erbe dovessero essere raccolte seguendo un “calendario magico” come ad esempio in luna calante piuttosto che nella notte di San Giovanni per le piante portatrici di fecondità

Il medioevo è anche il periodo in cui si inizia a mettere le basi della moderna anestesia , con i rischi che possiamo immaginare per l’epoca ; si utilizzavano spugne intrise di oppio, belladonna, mandragora, cicuta facendole annusare al paziente con il rischio che però al termine dell’intervento chirurgico questo non si risvegliasse.

In un tempo in cui congiure ed intrighi di corte erano all’ordine del giorno la morte per avvelenamento era piuttosto comune; un farmaco dalle origini antiche veniva utilizzato come antidoto: si tratta della triaca dalla preparazione particolarmente complessa che ha subito nel corso dei secoli diverse modifiche nella sua formula ma mantenendo sempre come base la carne di vipera.

-Non avete pensato ad un avvelenamento?- Il vecchio strabuzzò gli occhi. – Avvelenamento, dite? Forse state scherzando. Un avvelenamento accidentale, voglio augurarmi.- -Un avvelenamento senza dubbio. Dovuto a una dose forte ma non sufficiente di atropa. Non credo che una cuoca non sappia riconoscere quell’erba, quindi oserei azzardare che l’avvelenamento e’ stato voluto. Disponete di triaca?-“

Tornando al Sigillo degli Acquaviva e facendo riferimento alla figura di Zefiro , sorge spontanea la domanda di come gli storpi ed i deformi venissero visti in un tempo in cui superstizione e oscurantismo la facevano da padrone.

Essenzialmente per l’uomo medioevale l’esito della malattia era comunque voluto da Dio e se pensiamo alla dichiarazione che fece papa Gregorio Magno gettando quindi le basi della visione Cristiana sulla disabilità: “ un’anima sana non troverà albergo in una malata” ecco quindi che il popolo nella sua ignoranza non potrà che guardare con paura ed orrore i deformi relegandoli ai margini della vita quotidiana.

Alle donne che partorivano esseri deformi non restava certo sorte migliore, esse potevano essere accusate di aver avuto rapporti carnali con il Demonio, i loro figli venivano mostrati nelle loro deformita’ nelle piazze ed a loro stesse poteva toccare pagare con la propria vita.

Il testimone ora passa all’ultima tappa che vedrà Ornella Albanese raccontare un po’ di lei a “Storie di Storia” nell’ultima tappa di questo Blog Tour..grazie per essere stati con noi!

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