A cura di Sara Valentino
Il nome “eschimese” deriva dall’algoncino, una lingua indiana, che in modo dispregiativo chiama questo popolo “mangiatori di carne cruda” (letteralmente si traduce “mangia crudo”).
Gli eschimesi chiamano invece loro stessi Inuit, che significa “veri uomini”.
Le prime documentazioni relative a insediamenti umani nel continente americano risalgono a circa 28.000 anni fa.
Questi popoli, definiti “protoindiani”, non abitavano ancora l’Artide, che ai tempi era ricoperta quasi completamente da un immenso ghiacciaio.
Circa 6.000 anni fa alcune di queste popolazioni iniziarono un movimento migratorio verso l’odierna Alaska, cosicché dal 500 d.C. cominciano ad essere documentate le prime civiltà specializzate nella caccia in mare aperto.
Quando nel XVI secolo i grossi cetacei cominciano ad evitare l’Artide a causa dell’irrigidirsi del clima, gli eschimesi si trovano costretti a cibarsi unicamente di foche; questo dà la spinta necessaria allo sviluppo di una nuova tecnologia che permetterà di pescare anche in pieno inverno: la pesca attraverso un foro nel ghiaccio.
Sempre in questo periodo avvengono i primi contatti con gli europei, che nel 1742 scoprono quello che in seguito verrà chiamato stretto di Bering.
Nel 1742 con la scoperta dello stretto di Bering da parte degli Europei, iniziò l’esplorazione dell’Alaska. Qui venne fondata la società commerciale russo-americana che poi decadde in quanto i russi, nel 1867, decisero di vendere questa terra agli americani. L’intersecarsi di questi due tipi di cultura completamente diverse apportò evidenti cambiamenti nell’ambito socio – culturale, a tal punto da rivoluzionare completamente il modo di vita delle popolazioni autoctone presenti in queste regioni.
Si intensificarono le costruzioni di industrie di inscatolamento dei “prodotti del luogo”. Ciò comportò l’avvento di tecnologie e l’affluire di prodotti della società industriale e la creazione posti di lavoro salariati.
Inevitabilmente le società eschimesi si trasformarono in una società più “moderna” (insediamento del cristianesimo, di scuole, strade, ospedali, piste d’atterraggio) e malgrado oggi ci sia un tentativo, una volontà riacquistare alcuni aspetti della vecchia cultura non si può più parlare di usi e costumi ancora praticati, bensì di un passato e un presente ben distinti.
Nelle società eschimesi era sconosciuta un’autorità gerarchica, le famiglie vivevano in comunità in modo indipendente e con gli stessi diritti. Dunque l’autorità centrale era inesistente e ognuno si comportava come credeva nell’ambito dei controlli culturali e sociali della popolazione. Per gli Eschimesi l’individuo è capo di se stesso.
Queste popolazioni erano divise in bande indipendenti formate da nuclei famigliari monogamici. L’usanza dello scambio delle mogli, che venivano offerte a un visitatore (di un’altra banda ovviamente) del villaggio, permetteva di rafforzare i legami tra le bande.
L’attività determinante era naturalmente la caccia che richiedeva sforzi congiunti di diverse persone della comunità. In questo caso il possessore dell’oomiak (imbarcazione di grandi dimensioni) fungeva da coordinatore del gruppo e l’equipaggio era tenuto a seguire le sue indicazioni riguardanti la strategia e la metodica di caccia; per questo l’umialik godeva di una posizione di prestigio nella comunità. Anche l’arpioniere, essendo il “braccio destro” dell’umialik, godeva di una posizione di prestigio
Altro personaggio di grande importanza era lo sciamano che, in veste di mediatore tra gli uomini e spiriti, di guaritore e di preveggente, riusciva sempre a placare qualsiasi tensione nella comunità. Le donne e gli uomini erano reciprocamente dipendenti: l’uomo procacciava i beni di sostentamento e la donna trasformava. La donna inoltre era responsabile dell’educazione dei figli e dell’economia domestica.
Bellissimo articolo,corredato da preziose informazioni,grazie