Nel momento in cui l’estetica romantica cedette il passo all’osservazione accurata delle relazioni sociali e dei problemi individuali, il romanzo divenne la forma dominante all’interno della letteratura vittoriana. Il graduale passaggio tra le due fasi è individuabile, all’inizio dell’Ottocento, nei romanzi di Jane Austen (Orgoglio e pregiudizio, 1813; Emma, 1816). Erede dei grandi romanzieri del Settecento e raffinata indagatrice di ambienti domestici e provinciali, la Austen analizzò sottili tensioni e tormenti segreti in un serrato gioco di rapporti interpersonali. Negli stessi anni, il romanzo storico di Walter Scott (Ivanhoe, 1820) stabiliva una tendenza alla ricostruzione favolosa del passato contro la quale gli scrittori realisti avrebbero in seguito reagito. Soltanto con Charles Dickens e William Makepeace Thackeray iniziò il processo di maturazione che avrebbe poi portato alla coerente indagine delle motivazioni psicologiche, dei condizionamenti sociali e della loro interazione. I romanzi di Dickens (Oliver Twist, 1836-1839; David Copperfield, 1849-50; Grandi speranze, 1861) mostrano la sua straordinaria abilità nel denunciare con durezza i problemi sociali, creando nel contempo un universo di personaggi indimenticabili, ritratti con affettuoso umorismo e gusto per la caricatura. La tendenza al sentimentalismo, a cui Dickens spesso indulgeva, è meno marcata nei romanzi di Thackeray (come La fiera delle vanità, 1847-48), in cui l’autore si concentrò sull’analisi degli ambienti della media e alta borghesia, mostrando una notevole maestria nella creazione dei personaggi e nel controllo dello stile: doti che, tuttavia, non gli consentirono di stabilire con i lettori il rapporto immediato che riuscì invece a instaurare Dickens.Altre figure importanti del romanzo vittoriano furono Anthony Trollope, celebre per le sue indagini, pervase di garbata ironia, degli ambienti ecclesiastici e dei circoli politici; Emily Brontë, che può essere considerata un’erede del romanticismo per la forza selvaggia con cui rappresentò turbamenti e passioni in Cime tempestose (1847); George Meredith, scrittore difficile e sofisticato, di cui oggi si ricorda soprattutto L’egoista (1879); Thomas Hardy, che negli ultimi decenni del secolo scrisse romanzi segnati da un cupo pessimismo circa le possibilità dell’uomo di modificare il proprio destino.
Robert Louis Stevenson, Rudyard Kipling e Joseph Conrad perseguirono un recupero della narrativa di azione e di avventura, scegliendo ambientazioni esotiche come sfondo a romanzi di formazione, ad acute analisi dei rapporti sociali e razziali, o a enigmatiche esplorazioni della psiche umana. Vero manifesto del decadentismo europeo è invece Il ritratto di Dorian Gray (1891) di Oscar Wilde. Un’altra tendenza fu quella di Enoch Arnold Bennett e John Galsworthy, che rappresentarono il loro tempo con grande accuratezza realistica. L’interesse per i problemi sociali accomuna questi autori a Herbert George Wells, oggi ricordato soprattutto come pioniere della fantascienza.