- Scrittura: 30
- Lettura: 10
- Rilettura: 15
- Editing: 20
- Correzione: 25
- Incontro con i lettori: numero periodico misto, molto importante!
- E anche tutto il resto è un gran delirio, lasciatemelo dire! Troppi zeri ci vorrebbero!
L’intervista di TSD – Marina Atzori
Buongiorno Marina, grazie per essere qui con noi e per il tempo che ci dedicherai rispondendo alle nostre domande.
Buon giorno a tutti! Sono io che ringrazio voi per questa bella opportunità.
Quando hai capito che avresti intrapreso la strada per diventare una scrittrice?
Ho iniziato a scrivere seriamente nel 2014, anno in cui ho esordito anche con il mio primo piccolo libro (Il mare non serve, ho scelto una margherita, EEEbook Edizioni della Dott.ssa Piera Rossotti Pogliano). A onor del vero, già dai tempi della scuola, le intenzioni erano quelle. Mi barcamenavo volentieri tra Poesia e racconti e, a dirvela tutta, all’esame di Maturità ho rischiato grosso con la prova di matematica, lasciando il foglio in bianco. Non ditelo a nessuno, anzi, lo confesso in esclusiva qui da voi: mi sono salvata per il rotto della cuffia. Indovinate un po’ come? Con il tema di italiano! Da quel momento alla “007 mission impossible”, ho creduto fermamente che avrei avuto un futuro, più o meno promettente, da scrittrice. D’altronde, rimediare un inclassificabile di geometria analitica con Montale e Leopardi, non capita tutti i giorni. Che dire? Oggi come oggi manca soltanto che scriva sui muri! Insomma, quando si presenta l’occasione di buttare giù qualche riga, non mi tiro indietro. C’è poco da fare: scrivere mi fa sentire bene! Tuttavia, mai avrei pensato di arrivare a pubblicare sei romanzi, quattro con la CE EEEbook della Dott.ssa Piera Rossotti Pogliano (che non finirò mai di ringraziare per avermi sempre incoraggiata a continuare) e due in self. Credo che la scrittura sia un’arte comunicativa dai mille volti. A ognuno di essi appartiene un colore, una sfumatura, basta saperne coglierne l’essenza attraverso la magia delle parole.
Qual è il momento della giornata che preferisci dedicare alla scrittura, se ne hai uno in particolare, oppure ti affidi all’istinto e all’estro?
Tempo permettendo, durante la giornata. Quando mi viene l’ispirazione scrivo, e poi… sono cavoli! Prima di arrivare a un risultato soddisfacente, ci rimugino quelle mille milioni di ore. Oramai io e il tasto “CANC” siamo una cosa sola. Devo ammettere, però, di essere molto creativa e tenace. Tendo a non scoraggiarmi tanto facilmente. A volte, io stessa mi chiedo da dove mi escano fuori certe storie. La risposta? Passione e fantasia, come se non ci fosse un domani. Il Manuale delle Giovani Marmotte mi fa un baffo per quante arrivo a studiarne.
Eppure non fumo, non faccio uso di sostanze illecite e non bevo. Giusto un po’ di mirto, per non tradire le origini!
Quanto conta essere assolutamente originali, secondo te?
Con i conti non sono una cima, ve l’ho detto anche prima. E ho fatto pure la rima! Scusate… mi sono lasciata prendere dalla foga… in questo caso ce la posso fare, anche senza calcolatrice. Torniamo sulla Terra e alla domanda: essere originali conta fino a un certo punto. Dipende, da cosa si intende per “originalità”. Sicuramente distinguersi è una strada poco battuta, ma credo nasconda anche parecchie insidie. Si rischia, diciamo, di non essere compresi fino in fondo. Perciò, se si ha la fortuna di esserlo, originali intendo, bisogna cercare di stare attenti a non esagerare, a non uscire dai cosiddetti “binari”, cadendo nell’errore di mettere davanti se stessi.
Come hai scelto la copertina del tuo libro “Ladybug – Storia di una ghostwriter”?
Tanto per cominciare, è stata dura sceglierla. Dovete sapere che la copertina è qualcosa di simile a una scalata sul Monte Bianco. Una sorta di “mostro finale” tipo Bowser di Super Mario. Una “Nona Porta” nella quale non vorresti mai entrare, ma ti tocca. Altrimenti non ne esci. È un po’ come un incubo ricorrente, soprattutto durante la fase di fine stesura del romanzo. Prima o poi devi farci i conti. No, ecco, vedete, di nuovo i conti! Mi perseguitano. Scherzi a parte, ho scelto la copertina pensando al titolo (altro passaggio ostico) e a quali elementi volevo venissero messi in evidenza. Ho pensato: “Se fossi un lettore, da cosa verrei colpito osservandola?”
Questa è una domanda da porsi, che aiuta parecchio “lo scrittore al bivio” portandolo alla scelta di un’immagine impattante, efficace (si spera), che lasci intendere ma non troppo il contenuto. Già dal titolo e dalla cover, anzi, soprattutto da questi elementi e deriva il successo di un buon libro, almeno io credo sia così.
Quanto conta per te l’immedesimazione dello scrittore con i personaggi delle sue storie? E se conta, è sempre solo con il protagonista o anche con i comprimari?
Io non amo immedesimarmi troppo nei miei personaggi, pur regalando loro, diverse sfaccettature del mio carattere. Se devo proprio farlo, di solito mi “nascondo” nelle figure non proprio di primo piano, in modo da trasferire emozioni più autentiche, meno forzate o “sporcate” dalla mia esperienza personale. In compenso, sono un’ottima osservatrice e leggo molto, questo mi aiuta senz’altro a dare maggior respiro e libertà di espressione alle figure presenti nei miei romanzi.
Il libro che avresti voluto scrivere tu, e perché?
Rispondo senza esitazioni: Il Piccolo Principe. Credo che questo libro mi abbia trasmesso più di qualunque altro, tutto quello cerco da una lettura: profondità, semplicità, verità, sogni. È straordinario il modo in cui questo capolavoro sia diventato un po’ il libro di tutti. Ci sarà un motivo, no? Per me, il motivo c’è stato, eccome! E ancora ne conservo una vecchia copia come fosse una reliquia. Un giorno di questi acquisterò una teca e metterò l’antifurto perimetrale. Promesso.
Scrittura, lettura, rilettura, editing e correzione, promozione, incontro con i lettori: assegna una percentuale a ciascuna di queste fasi e se abbiamo dimenticato qualcosa aggiungila pure.
Tutte queste belle “cosine”, somigliano più o meno alle Sette fatiche di Ercole, se aggiungiamo impaginazione, eccetera eccetera. Riassumendo: scrivere un libro, come si dovrebbe, richiede un’enorme mole di lavoro, una tonnellata di pazienza e una boccetta di Valeriana a portata di mano. Vediamo se riesco a dare i numeri da 1 a 200 come si deve, a sto giro. Dunque:
Grazie dell’ospitalità e complimenti per le domande. È stato un vero piacere rispondere. Continuate così, siete un bel gruppo e riconosco in voi una passione autentica. Tifo per voi, se non si era capito. Bravi, bravi, bravi.